Guerra gotica (535-553) – Le cause del conflitto

LA REGGENZA DI AMALASUNTA

L’imperatore Giustiniano I con il suo seguito, Ravenna, Basilica di San Vitale.

Giustiniano, nella sua aspirazione di riportare l’Impero romano al suo antico splendore con la riconquista dei territori occidentali, intendeva ora ricondurre l’Italia sotto il suo diretto controllo. Fin dal 476, infatti, l’Italia era stata sotto il controllo indiretto dell’Imperatore romano di Costantinopoli, con Odoacre prima e Teodorico poi che governarono in suo nome la penisola, come suoi alti funzionari. In realtà, si trattava per lo più di una finzione giuridica, godendo di fatto di un’ampia autonomia da Costantinopoli, seppur vi fossero alcune limitazioni al loro potere che faceva sì che non godessero di un’indipendenza completa. Giustiniano aveva bisogno di un pretesto per dichiarare guerra agli Ostrogoti e lo trovò nelle triste sorti di Amalasunta, figlia di Teodorico il Grande e reggente del regno ostrogoto.

Alla morte di Teodorico, nel 526, gli era succeduto il figlio di sua figlia Amalasunta, Atalarico, che però era ancora minorenne, per cui fu posto sotto la reggenza di Amalasunta. Costei era audace e intelligente, ed era molto colta, e intendeva mantenersi in buoni rapporti con l’Imperatore e il senato romano, nonché realizzare il difficile ideale di fondere Italici e Goti in una nazione unita. Uno dei primi atti della sua reggenza fu la restituzione ai loro famigliari delle proprietà confiscate a Boezio e Simmaco, come segno di riconciliazione con il senato. Alla popolazione la reggente assicurò che i Romani non sarebbero stati discriminati rispetto ai Goti, dopodiché il senato e il popolo romano giurarono fedeltà al nuovo re Atalarico, che giurò che avrebbe governato rettamente. Fu chiesto al senato di esprimere le sue richieste ed eventuali desideri, in modo da poter discutere se esaudirli o meno. Furono inviati, inoltre, ambasciatori all’Imperatore romano di Costantinopoli, latori di una lettera con cui si richiedeva all’Imperatore di proteggere il nuovo giovane re, e inoltre di dimenticare i vecchi rancori e riprendere rapporti più sereni tra le due corti.

Amalasunta intendeva impartire al figlio una istruzione degna di un principe romano, facendolo istruire da tre precettori sì goti ma civilizzati, che condividevano gli stessi ideali della reggente. I nobili goti, tuttavia, si opposero a ciò: ritenevano oltraggioso che il loro re diventasse istruito e letterato, e intendevano invece impartirgli un’educazione spartana, insomma istruirlo nell’uso della spada e delle altre armi, non certo nelle lettere, che consideravano un passatempo da effeminati. Di fronte alle proteste di parte della nobiltà ostrogota, Amalasunta, nel timore di essere detronizzata dalla propria posizione di reggente, cedette e acconsentì che a suo figlio Atalarico fosse impartita un’educazione spartana nell’uso delle armi. Atalarico era tuttavia imbelle e l’educazione all’uso delle armi impostagli dai bellicosi nobili ostrogoti ben presto contribuì a farlo ammalare gravemente.

Nel frattempo, con il crescere dell’opposizione da parte della nobiltà ostrogota alla reggenza di Amalasunta, la reggente intuì che un complotto per detronizzarla stava per essere attuato. Scrisse allora all’Imperatore Giustiniano, chiedendogli asilo politico in caso di necessità. Giustiniano acconsentì e preparò un alloggio a Dyrrhachium per la reggente quando sarebbe lì sbarcata. Amalasunta, tuttavia, invece di tentare subito la fuga, tentò di conservare il potere. Inviò alcuni goti a lei devoti per assassinare i tre principali cospiratori. Quando la missione ebbe successo, decise di non fuggire più e di rimanere a Ravenna.

TEODATO E LA PRIGIONIA E UCCISIONE DI AMALASUNTA

Ora entrò in scena Teodato, cugino di Amalasunta. Costui era inidoneo all’uso delle armi ed era colto e istruito, un cultore della filosofia di Platone. Tuttavia il suo carattere non era esente dalle passioni condannate da quella filosofia che pure Teodato amava: possessore di vaste tenute della Tuscia, era affetto da una smodata cupidigia, e si era impadronito con la prepotenza delle proprietà terriere dei suoi vicini. Di fronte alle loro lamentele per la rapacità di Teodato, Amalasunta lo costrinse a restituire loro alcuni terreni, ma in questo modo se lo inimicò. Per Teodato l’ideale era trascorrere gli ultimi anni della sua vita a Costantinopoli nel lusso più smodato. Quando due vescovi orientali si recarono a Roma per questioni teologiche, Teodato affidò loro un messaggio a Giustiniano, in cui gli proponeva la cessione delle sue tenute in Tuscia in cambio di una lauta somma di denaro, la dignità di senatore e il permesso di vivere a Costantinopoli. Con i due vescovi orientali, era tuttavia giunto in Italia Alessandro, agente imperiale, con la missione di fare delle rimostranze alla reggente. Amalasunta replicò alle accuse in pubblico e autorizzò la flotta dell’Imperatore Giustiniano a fare scalo in Sicilia nel corso della spedizione contro i Vandali. In realtà il reale scopo della visita di Alessandro era quello di concludere un accordo segreto con la reggente, che era consapevole che, non appena spentosi il figlio (già ammalatosi gravemente), i Goti a ella ostili l’avrebbero detronizzata e per tali motivi intendeva cedere l’Italia all’Imperatore. Amalasunta comunicò le sue intenzioni ad Alessandro, che fece dunque ritorno a Costantinopoli con i vescovi. Quando Giustiniano ricevette i messaggi di Amalasunta e Teodato, inviò un nuovo ambasciatore in Italia, Pietro di Tessalonica, abile diplomatico. Nel frattempo si era spento Atalarico. A questo punto Amalasunta, nel tentativo di conservare il potere, commise un errore fatale. Offrì al cugino Teodato il titolo di re, a condizione che le avrebbe affidato le redini effettive del potere. Teodato dissimulò le proprie reali intenzioni acconsentendo alle sue condizioni e giurando che le avrebbe rispettate. Non appena Teodato fu incoronato re, furono inviate al senato delle lettere in cui Amalasunta lodava i gusti letterari di Teodato, che a sua volta lodò la saggezza di Amalasunta,  affermando di considerarla un modello da prendere ad esempio. L’Imperatore fu frattempo informato per lettera dell’incoronazione di Teodato. Tuttavia Teodato non ci mise molto a rivelare le sue reali intenzioni. Con l’appoggio dei parenti dei tre cospiratori Goti che erano stati assassinati per ordine di Amalasunta, assassinò i notabili goti fedeli alla reggente, che fu catturata e detenuta in prigionia su un’isola del Lago di Bolsena in Tuscia, probabilmente proprietà regale. La costrinse a scrivere una lettera a Giustiniano per assicurargli che non aveva subito alcun torto. Anche Teodato scrisse all’Imperatore, e affidò le due lettere a due senatori, il prefetto del pretorio delle Gallie Liberio e Opilione, affinché le portassero a Costantinopoli.

Nel frattempo, Pietro, l’ambasciatore a cui Giustiniano aveva affidato la missione di portare avanti le negoziazioni segrete, aveva già cominciato il viaggio, percorrendo la via Egnazia. Lungo la via Pietro si imbatté nei Goti inviati per portare la notizia della morte di Atalarico e dell’ascesa di Teodato al trono. Al porto di Aulon (Valona) si imbattè in Liberio e Opilione, che lo informarono della prigionia di Amalasunta. Pietro inviò rapidamente un messaggero a Costantinopoli per informare Giustiniano degli importanti sviluppi, e rimase in attesa di ordini. Giustiniano reagì scrivendo una lettera ad Amalasunta, in cui le assicurava la protezione, e istruì Pietro di rendere chiaro e tondo a Teodato e agli Ostrogoti che Amalasunta era sotto la protezione di Giustiniano. Nonostante ciò Amalasunta perì strangolata, mentre si faceva il bagno, dai parenti dei cospiratori goti che ella aveva fatto assassinare, per ordine di Teodato. Quando Pietro venne a sapere della morte di Amalasunta, dichiarò a Teodato che il crimine perpetrato gli sarebbe costato “una guerra senza tregua”. Teodato si difese affermando che l’assassinio di Amalasunta fosse avvenuto contro la sua volontà, ma non punì gli assassini. Giustiniano ebbe così il pretesto per dichiarare guerra agli Ostrogoti e riunire l’Italia all’Impero romano.

L’Imperatrice Teodora e il suo seguito.

Tuttavia si vociferò da parte degli oppositori al governo di Giustiniano che dietro la morte di Amalasunta vi fosse l’Imperatrice Teodora. Procopio, nella Storia Segreta (un libello diffamatorio contro Giustiniano che l’autore non osò pubblicare all’epoca per il timore di finire ucciso da sicari inviati dall’Imperatore), scrisse che Teodora si era allarmata alla prospettiva che Amalasunta cercasse rifugio a Costantinopoli. Era gelosa di lei (per il fatto che fosse bella, intelligente e di nobili origini), e temeva che Giustiniano ne sarebbe rimasto ammaliato, temeva di perdere influenza e prestigio in favore della rivale. Per questi motivi, almeno secondo Procopio, Teodora avrebbe subornato Pietro, con promesse di denaro e di cariche, affinché istigasse Teodato a far assassinare Amalasunta. Procopio riferisce che per ricompensa fu promosso magister officiorum, acquisendo così grande potere ma venendo detestato universalmente. Procopio scrive che non potè riferire il coinvolgimento di Teodora nella sua Storia delle guerre per timore di venire assassinato da sicari dell’imperatrice. L’attendibilità di questa storia è stata messa in dubbio da alcuni studiosi (anche considerata la faziosità dell’opera di Procopio), ma per altri studiosi la versione ufficiale dei fatti, tramandata dallo stesso Procopio nella Storia delle guerre, desta qualche perplessità e lascia pensare che racconti solo parte della verità. Il racconto di Procopio di un presunto coinvolgimento di Teodora viene corroborato da lettere di Teodato indirizzate all’Imperatrice che attestano che Pietro era l’inviato confidenziale di Teodora, e che ella stessa aveva fatto in modo che fosse inviato come ambasciatore a Ravenna. Inoltre, in una lettera che Gudeliva, moglie di Teodato, spedì a Teodora subito dopo l’assassinio, c’è un passaggio enigmatico che potrebbe alludere velatamente al coinvolgimento dell’imperatrice nell’assassinio di Amalasunta. Tuttavia, non si ha alcuna certezza sulla fondatezza di queste maldicenze.

Fatto sta che Giustiniano ebbe il pretesto per dichiarare guerra agli Ostrogoti e riunire l’Italia all’Impero romano.