I regni romano-barbarici

I REGNI ROMANO-BARBARICI

L’Europa nel 526.

L’Impero romano d’Occidente, invaso nel V secolo da diverse popolazioni barbariche, fu costretto a scendere a patti con esse firmando con esse dei trattati di alleanza con i quali le riconosceva come Foederati (alleati) assegnando loro delle terre di insediamento in determinate province. Ad esempio i Visigoti furono insediati in Gallia Aquitania nel 418, i Burgundi in Sapaudia (Savoia) nel 442 e così via. Le terre di insediamento in teoria continuavano a far parte dell’Impero ma di fatto erano state cedute ai Barbari. Sorsero così dei regni romano-barbarici basati sulla cooperazione tra le élite provinciali romane (a cui fu affidata l’amministrazione civile) e i dominatori barbari.

LA CESSIONE DI TERRE AI BARBARI

Nelle leggi dei regni romano-barbarici viene riportato che in base alla cosiddetta hospitalitas fosse stato ceduto ai Barbari un terzo o i due terzi delle terre nella regione. Ad esempio nel Liber Constitutionum, una raccolta di leggi burgunda, viene affermato:

Al tempo in cui fu emessa l’ordinanza si stabilì che il nostro popolo [i Burgundi] ricevesse un terzo degli schiavi e due terzi della terra, mentre chiunque avesse ricevuto in dono terra e schiavi, sia dai nostri predecessori sia da noi stessi, non doveva fare richiesta di un terzo degli schiavi nè dei due terzi della terra nei luoghi in cui gli era stata assegnata ospitalità.

E’ doveroso precisare che la cosiddetta hospitalitas in origine non riguardava i foederati barbari insediatesi nelle province ma i soldati dell’esercito regolare romano acquartierati nelle abitazioni dei provinciali. I provinciali erano tenuti per legge a ospitare i soldati (cedendo loro provvisoriamente un terzo della loro abitazione), i quali però spesso commettevano abusi e prepotenze (salganum) ai danni degli ospitanti, nonostante tali prepotenze fossero espressamente illegali.

Nelle leggi dei regni romano-barbarici, invece, il termine hospitalitas passò a indicare la cessione di un terzo o dei due terzi delle terre ai dominatori Barbari. E’ incerto se la cessione di un terzo o dei due terzi delle terre fosse avvenuta al momento dell’insediamento nelle province oppure in un secondo momento. Secondo la tesi tradizionale la cessione dei due terzi delle terre dell’Aquitania ai Visigoti in base alla hospitalitas sarebbe avvenuta nel 418. Secondo un’altra tesi, invece, nel 418 i Visigoti ricevettero, in qualità di veterani dell’esercito romano appena congedati, dei terreni pubblici o incolti, evitando così di dover ricorrere a confische di terre ai danni dei proprietari terrieri, e solo intorno al 470 i Visigoti si sarebbero impadroniti dei due terzi delle terre. Vi è, inoltre, una tesi minoritaria secondo cui ai Barbari non sarebbero stati ceduti i due terzi delle terre ma i due terzi delle entrate fiscali della regione. In ogni caso le fonti attestano esplicitamente che ai Barbari furono assegnate delle terre da coltivare.

L’AMMINISTRAZIONE CIVILE

I Barbari mantennero buoni rapporti con le élite provinciali romane servendosene per reggere il nuovo stato. Nella maggior parte dei regni romano-barbarici le province non vennero abolite, in altri invece la più grande unità amministrativa divenne la città. In ogni caso non furono apportati cambiamenti di grande rilievo nell’amministrazione civile, anche per l’inerzia dei sovrani barbari, che, non conoscendo altri modi per amministrare uno stato, mantennero in vigore il sistema preesistente. Di seguito viene riportata una descrizione delle differenze nell’amministrazione tra i regni romano-barbarici.

Il regno romano-barbarico che mantenne in massima parte le istituzioni romane fu il regno ostrogoto di Teodorico il Grande. Teodorico, come già Odoacre prima di lui, mantenne la prefettura del pretorio d’Italia e le due diocesi dell’Italia Annonaria e Suburbicaria, e quando conquistò la Provenza ricostituì la diocesi di Gallia, successivamente promossa al rango di prefettura del pretorio. Teodorico, come Odoacre, mantenne l’amministrazione provinciale tardo-romana affidandone la gestione a cittadini romani. Odoacre e i re ostrogoti ottennero inoltre dall’Imperatore d’Oriente il diritto di nominare il console occidentale, a condizione che fosse un romano e non un ostrogoto. Nel 519, invero, un ostrogoto, Eutarico, genero di Teodorico, detenne il consolato, ma in questo caso la nomina venne dall’Imperatore Giustino I, come favore al re ostrogoto. L’esclusione degli Ostrogoti dal consolato si estendeva anche alle altre cariche civili (magister officiorum, praefectus urbi, prefetto del pretorio, vicarii, governatori provinciali, senatori), riservate esclusivamente a cittadini romani. Teodorico non poteva aggirare la regola, conferendo la cittadinanza romana ai suoi Ostrogoti, in quanto soltanto l’Imperatore poteva farlo. Al contrario l’esercito di Teodorico era costituito esclusivamente da Ostrogoti, e da esso erano esclusi i Romani. Insomma si decise di affidare le cariche civili esclusivamente ai Romani e le cariche militari esclusivamente agli Ostrogoti.

Rispetto al regno ostrogoto, il regno visigoto aveva una struttura amministrativa più semplice, non avendo mantenuto né le cariche di corte né la prefettura del pretorio e le diocesi. Le province furono mantenute in vigore, rette da rectores o iudices di stirpe romana. Fu mantenuto più o meno inalterato il sistema di riscossione delle tasse, affidato a funzionari romani, e anche le tasse preesistenti rimasero in vigore. Le tenute della corona, importante fonte di gettito fiscale, erano gestite da funzionari romani. Ogni città aveva il suo defensor, il giudice di primo grado per i Romani, scelto dai cittadini, subordinato allo iudex territorii. Ogni città aveva inoltre il proprio comes civitatis, presumibilmente un visigoto, che si occupava della tutela della legge e dell’ordine, cooperando con lo iudex. La massima autorità giudiziaria era costituita dal re, al quale i comites civitatis e iudices erano tenuti a rivolgersi per giudicare quei casi non coperti dalle leggi.

Nel regno dei Vandali il primo ministro del re prendeva il nome di praepositus regni, e i due detentori del titolo noti erano entrambi di stirpe  vandalica. I suoi sottoposti in ambito civile erano romani, e probabilmente costituivano l’ex officium del vicario d’Africa. I Vandali non abolirono le province, amministrate da iudices provinciarum, mentre la provincia Proconsolare era amministrata da un proconsole avente sede a Cartagine. In tutti i casi noti i governatori provinciali erano romani. Le tenute del re erano gestite da procuratori romani.

Nel regno dei Burgundi la città divenne l’unità amministrativa di estensione maggiore, e non furono mantenute le province, complice il fatto che il regno, di estensione minore, comprendeva solo porzioni di ex province romane. In ogni città, vi erano due comites, uno romano e l’altro burgundo, con funzioni prevalentemente giudiziarie ma che potevano anche essere amministrative in senso più generale.

Nel Regno dei Franchi l’amministrazione centrale era di competenza della corte del re, costituita da germani. Quanto alle province, è possibile che in un primo momento furono mantenute in vigore, a giudicare da una lettera in cui Remigio, vescovo di Rheims, espresse soddisfazione per il fatto che Clodoveo avesse assunto “l’amministrazione della Belgica II” in seguito alla sconfitta di Siagro. Tuttavia, nella spartizione della Gallia tra i quattro figli di Clodoveo, le province cessarono di esistere come unità amministrative, se si eccettua la Provenza, sottratta agli Ostrogoti nel 536 e amministrata da un  rector provinciae. Nel Regno dei Franchi, dunque, l’unità amministrativa più grande era la città, governata da un comes civitatis, di nomina regia, che si occupava dell’amministrazione della giustizia, della riscossione delle imposte e finanche del reclutamento e del comando delle truppe. L’apparato fiscale romano fu mantenuto in vigore. I Franchi erano esentati dalle tasse e i tentativi dei re di abolire questo privilegio causarono delle gravi rivolte.