L’esarcato d’Africa

LA MINACCIA POSTA DA RE GARMUL

L’esarcato d’Africa.

Nel 565 sembra che l’Africa fosse ormai in pace, dopo un periodo assai turbolento. Nel 565 alla corte di Giustino II venne recitato da un letterato nativo dell’Africa, l’ultimo poeta latino dell’antichità, dal nome pomposo di Flavio Cresconio Corippo, un panegirico in onore del nuovo sovrano. In questo panegirico veniva anche lodato l’opera di un ex prefetto del pretorio d’Africa, un certo Tommaso il quale:

“…restituì le speranze all’Africa [prossima alla rovina], ripristinò la pace, condusse la guerra senza soldati, vinse con i suoi consigli in ciò dove nulla avevano potuto le armi.”

Corippo sembrerebbe alludere alla rivolta dei Mauri del 563, scoppiata a causa del deplorevole assassinio di un capo mauro ad opera del magister militum Giovanni Rogatino; la rivolta fu poi repressa dal nipote di Giustiniano, il generale Marciano, il quale, a quanto pare, usufruì anche della collaborazione di questo abile prefetto. Il panegirico insomma ci informa che nel 565, grazie all’operato di Tommaso, l’Africa era in pace. Tommaso, a quanto pare, all’epoca della lettura a corte del panegirico, era stato richiamato a corte, perché, a differenza degli altri cortigiani citati e lodati, non vengono citati incarichi correnti. Ben presto però il suo ritorno in Africa si richiese necessario. Infatti la pace in Africa non durò a lungo.

Certo, la tribù dei Garamanti non diede in questo periodo segni di irrequietezza, e anzi i diplomatici imperiali ottennero nel 569 un grande successo diplomatico, ottenendo la loro conversione al cristianesimo, oltre alla conferma della pace tra i due popoli. Da un altro lato, però, una nuova minaccia era emersa: Garmul. Non sappiamo granché di lui, se non che era il re di una bellicosa tribù di Mauri che popolava la regione posta tra la fortezza romea di Septem (situata poco distante dall’attuale Gibilterra) e la provincia romea di Mauritania Cesariense, e che a partire dal 569 devastò l’Africa romea. Nel 569, durante le sue devastazioni, uccise Teodoro, prefetto d’Africa; e nei due anni successivi, altri due generali romei, Teoctisto e Amabile, vennero uccisi in battaglia da questo re valoroso. Vista la scarsezza delle fonti, non è possibile stabilire gli effetti precisi delle incursioni di Garmul: ma probabilmente, anche se molto pericolose, erano solo delle incursioni a fine di saccheggio.

Nel frattempo, Giustino II, essendo ormai incapace di regnare da solo per una debilitante malattia, nel 574 associò al trono il suo capitano delle guardie (comes excubitorum) Tiberio Costantino, affinché reggesse l’Impero a suo nome. Tiberio, pur dovendo affrontare un’impegnativa guerra contro la Persia, non rinunciò all’idea di soccorrere l’Africa dalle incursione di Garmul e probabilmente nel 577, se non prima, inviò in Africa, alla testa di truppe fresche, un nuovo magister militum, Gennadio. Probabilmente è anche in questo periodo che tornò in Africa il prefetto Tommaso, attestato da iscrizioni ancora in Africa sotto i regni di Giustino II e Tiberio II. Evidentemente fu la sua “fama” di restauratore della pace in Africa a contribuire grandemente alla sua riassunzione. Gennadio, evidentemente assistito dal prefetto Tommaso, lanciò la sua controffensiva contro Garmul nel 578: secondo Giovanni di Biclaro, in quell’anno “il magister militum in Africa Gennadio annientò i Mauri, sconfisse in battaglia il potentissimo re Garmul, che aveva ucciso tre generali romani già nominati in precedenza, e lo uccise con la spada”. I Mauri erano stati annientati. Era tornata la pace, che perdurò ancora per molti anni sotto la ferma guida del generale Gennadio, che sarebbe poi diventato, intorno al 591, il primo esarca d’Africa: viene citato con questa carica per la prima volta in un epistola di Papa Gregorio Magno, il quale in un’altra occasione si complimentò con l’esarca in questione per aver riportato alla Pace l’Africa intera.

L’ESARCATO D’AFRICA

Secondo la storiografia moderna, durante il regno di Maurizio, furono istituiti gli esarcati d’Italia e d’Africa, governati ciascuno da un’esarca, la massima autorità sia civile e militare. L’esarca deteneva poteri sia civili che militari; venne dunque meno la tradizionale suddivisione delle competenze, tipica invece dell’Impero romano. Il prefetto del pretorio continuò comunque ad esistere come funzionario civile subordinato all’esarca.

La capitale dell’Esarcato fu Cartagine, e la nuova formazione amministrativa comprendeva l’Africa settentrionale, la Sardegna, la Corsica, le Baleari e la Spagna meridionale. Stando alla Descriptio orbis romani di Giorgio Ciprio, redatta agli inizi del VII secolo, la Tripolitania fu sottratta alla giurisdizione dell’esarca e trasferita nella diocesi d’Egitto. Secondo Giorgio Ciprio, all’epoca l’Africa bizantina era suddivisa in sei eparchie: ByzacenaCarthago ProconsularisNumidiaMauritania IMauritania IISardinia (Sardegna). All’epoca probabilmente la provincia di Sardegna comprendeva anche la Corsica, mentre la Mauritania II comprendeva la fortezza di Septem in Mauritania Tingitana, la Spagna bizantina e le Isole Baleari.

Il primo riferimento esplicito all’esistenza di un esarca d’Africa si ha in una epistola del 591 scritta da Papa Gregorio Magno all’esarca d’Africa Gennadio. Tuttavia solo nelle epistole di Papa Gregorio Magno il governatore militare dell’Africa viene definito “esarca” mentre le altre fonti gli attribuiscono il titolo di patrizio o di magister militum. Secondo Borri, non è da escludere che Papa Gregorio Magno in quella lettera abbia usato un termine dalla valenza non ufficiale, forse diffuso tra il popolo, chiamando esarca chi in realtà deteneva la carica di patrizio o magister militum.

In passato si è ipotizzato che la creazione dell’esarcato fosse una precisa riforma attribuibile all’imperatore Maurizio (582-602). Secondo Ostrogorsky, Maurizio, creando gli esarcati di Ravenna e Cartagine, cercò di rendere i residui territori in Occidente in grado di difendersi da sé senza dover dipendere da eventuali aiuti da Costantinopoli; per volere dell’Imperatore «l’amministrazione sia militare che politica fu affidata agli esarchi», inaugurando «il periodo della militarizzazione dell’amministrazione bizantina» e precorrendo «il sistema dei temi».

Più recentemente si è rimarcato come l’istituzione degli esarcati fosse stato il risultato di un’evoluzione graduale durata decenni e non di una “riforma” ascrivibile alla volontà di un singolo imperatore. Di fatto questa presunta “riforma” consistette in un mero cambiamento di denominazione della massima autorità militare da “magister militum” a “esarca”. Le autorità civili in effetti non scomparvero: l’epistolario di Papa Gregorio Magno attesta ancora a fine VI secolo l’esistenza del prefetto del pretorio d’Africa, nonché dei governatori provinciali (come il praeses di Sardegna). Essi di fatto erano subordinati all’autorità militare, «un fenomeno d’altronde già in atto durante l’epoca giustinianea e inevitabile conseguenza della preminenza delle necessità militari in una regione […] soggetta a uno stato di guerra pressoché permanente» (Ravegnani, “Gli esarchi d’Italia”, pp. 37-38). Furono quindi le necessità belliche, e non una precisa volontà imperiale (la presunta “riforma” degli esarcati), a far sì che le autorità militari si arrogassero competenze non proprie, esautorando le loro controparti civili.

La riconquista visigota della Spagna meridionale e la caduta dell’esarcato d’Africa per mano degli Arabi saranno trattate successivamente.