Teodosio e i Goti

TEODOSIO ASSOCIATO AL TRONO DA GRAZIANO

La situazione dell’Impero dopo la sconfitta e l’uccisione dell’Imperatore Valente ad Adrianopoli (9 agosto 378) era disperata. I Goti vittoriosi devastarono la Tracia intera, condotti dal loro generale Fritigerno. L’Imperatore Graziano versò le lacrime per la sorte dello zio e per le calamità che erano cadute sull’Impero. Poiché era assolutamente indispensabile respingere le incursioni dei Barbari dell’Istro in Illiria e in Tracia, ma la sua presenza era ugualmente richiesta in Gallia per respingere le incursioni degli Alemanni, Graziano associò Teodosio al governo dell’Impero.

Teodosio apparteneva a un’illustre famiglia ispanica, e si era precedentemente distinto in guerra, ma era caduto in disgrazia a causa dell’invidia dei suoi rivali, e si era ritirato a vita privata in Hispania, dove era nato e cresciuto. Graziano, in difficoltà nel fronteggiare i Barbari, pensò che affidare il comando dell’esercito a Teodosio avrebbe risolto tutti i suoi problemi. Non perse tempo a cercarlo in Spagna, annunciandogli la nomina a generale dell’esercito romano.

Dopo che Teodosio ottenne una modesta vittoria sui Barbari, presumibilmente in Tracia, Graziano si convinse ancora di più di aver commesso la scelta giusta, e lo associò al potere proclamandolo Imperatore della parte orientale. Avendolo pertanto proclamato Imperatore a Sirmio, una città dell’Illirico, sotto il consolato di Ausonio e Olibrio, il 16 gennaio, divise con Teodosio il compito di condurre la guerra contro i barbari.

Poiché la Gallia, in quel periodo, era infestata dalle incursioni degli Alamanni, Graziano ritornò nei suoi domini paterni, che egli aveva riservato per sé e per suo fratello, mentre affidò a Teodosio il governo dell’Illiria e delle province orientali. A Teodosio fu quindi ceduto, almeno temporaneamente, l’Illirico Orientale, che fino a quel momento era appartenuto all’Occidente romano.

TENTATIVO DI RICOSTITUIRE UN ESERCITO 

Durante la permanenza del nuovo Imperatore a Tessalonica, numerose persone arrivarono da tutte le parti sollecitandolo ad intervenire contro i Goti; e, avendo ottenuto rassicurazioni, tornarono nelle loro case. Poiché una grande multitudine di Sciti provenienti da oltre Danubio, i Goti e i Taifali, e molte altre tribù, avevano attraversato il fiume, perché gli Unni li avevano espulsi dai propri territori, e stavano devastando la Tracia, l’Imperatore Teodosio stava tentando di ricostruire un esercito degno di questo nome per fronteggiarli. Ora la Tracia era quasi interamente sotto il controllo delle tribù già menzionate, con le guarnigioni delle città che non osavano uscire dalle proprie mura, figurarsi affrontare in campo aperto il nemico.

Teodosio cercò di ricostituire un esercito campale adeguato a respingere la minaccia dei Goti, ma si trovò in forti difficoltà a trovare nuove reclute, sia perché i contadini non volevano arruolarsi (e, pur di evitare il servizio militare, giungevano addirittura ad automutilarsi tagliandosi il pollice), sia perché i proprietari terrieri loro padroni si opponevano alla loro partenza sotto le armi perché non volevano perdere manodopera. Le leggi di Teodosio per costringere le reclute a combattere e i proprietari terrieri a non opporsi alla loro partenza ebbero scarsa efficacia e inoltre c’era la necessità di ricostituire un esercito in tempi brevi per cui Teodosio fece affidamento sempre maggiore a mercenari barbari.

LA VITTORIA DI MODARE DEL 379

Fu proprio un esercito di mercenari barbari, condotto dal generale goto Modare, a ottenere una prima vittoria contro i devastatori Goti nel corso del 379. Modare, che apparteneva alla famiglia regale dei Goti, e che era passato dalla parte dei Romani, e che, come premio per la propria fedeltà, era stato nominato generale, collocò i suoi soldati sulla sommità di una collina, che formava una pianura spaziosa, e si nascose ivi non notato dai Barbari. Avendo appreso dagli esploratori, che il nemico era in pianura intento a consumare le provviste saccheggiate, comandò ai suoi soldati di attaccare il nemico mentre era immerso nei piaceri e nelle libagioni. Essi obbedirono, e, attaccando il nemico proditoriamente quando meno se lo aspettava, annientarono in brevissimo tempo tutti i barbari. Si impadronirono di 4.000 carri e di molti prigionieri all’interno di essi. Poiché l’esercito aveva fatto buon uso dell’occasione concessagli dalla fortuna, lo stato della Tracia, che fino a quel momento sembrava sull’orlo della rovina, migliorò decisamente.

L’IMBARBARIMENTO DELL’ESERCITO

Teodosio, constatando che l’esercito si era considerevolmente indebolito in seguito alla disfatta di Adrianopoli, tentò di rinforzarlo permettendo a molti barbari provenienti da oltre Danubio di essere reclutati nel suo esercito. Molti di essi furono indotti dalle sue promesse a servire nelle legioni, dando però prova di scarsa affidabilità e inducendo in autori ostili all’imbarbarimento dell’esercito il sospetto che essi avessero concepito il piano segreto di infiltrarsi nello stato romano come mercenari per poi attaccare proditoriamente il governo romano e insignorirsi del potere. L’Imperatore, tuttavia, dopo aver passato in rassegna questi fuggitivi, che erano molto numerosi, e che già eccedevano in numeri tutti gli altri soldati, riflesse sulla difficoltà di mantenerli in disciplina rigorosa, temendo che, essendo barbari, fossero maggiormente inclini a infrangere il loro giuramento di lealtà e obbedienza. Ritenne dunque più prudente spostare molti di essi tra le legioni di stanza in Egitto, e spostare parte delle legioni dell’Egitto in Tracia.

Così fu eseguito, e, per comando dell’Imperatore, entrambe le armate si diressero verso i nuovi luoghi dove servire. Le legioni egiziane marciavano nelle differenti città mantenendo un grande ordine e una grande disciplina, e accettavano di pagare la merce; ma la condotta dei Barbari, al contrario, era molto violenta, ed essi rifiutavano di pagare la merce ai mercati, prendendo la roba senza pagarla. Quando le legioni egiziane e le legioni di Barbari si incontrarono a Filadefia, una città della Lidia, gli Egiziani erano disciplinati e obbedienti agli ordini dei loro ufficiali, mentre i Barbari, che eccedevano essi in numero, erano disobbedienti a tutti i comandi. Un mercante, alla richiesta di essere pagato per la merce che aveva venduto a un barbaro, fu da esso aggredito. Le legioni egiziane, dopo aver assistito a un atto tanto malvagio, dopo aver ammonito i Barbari dal trattenersi dal compiere atti tanto ingiusti per persone che erano soggette alle leggi romane, poiché il loro consiglio non fu minimamente preso in considerazione dai Barbari, decisero di passare alle armi, e dopo aver attaccato le legioni costituite da mercenari barbari, ne uccisero più di duecento, costringendo i superstiti alla fuga.

Una volta che le legioni egiziane ebbero in questo modo reso più disciplinati i mercenari barbari con cui si erano incontrati a Filadelfia, proseguirono il loro viaggio verso la Tracia, mentre i Barbari procedettero verso l’Egitto. Essi erano condotti da Ormisda, figlio di quell’Ormisda, che aveva servito l’Imperatore Giuliano nella Guerra Persiana. Quando gli Egiziani arrivarono in Macedonia, e si aggregarono alle legioni, nessun ordine veniva rispettato nell’accampamento, né veniva fatta alcuna distinzione tra romano e barbaro, ma erano promiscuamente mescolati tra loro, e non c’era neanche un registro che registrasse i nomi dei soldati. Veniva inoltre permesso ai Barbari di ritornare nella propria nazione, e di inviare altri al loro posto a servire nelle legioni, e poi, quando l’avrebbero desiderato, tornare a servire nelle legioni romane.

IL PRESUNTO TRATTATO CON I GREUTUNGI DEL 380

Nel frattempo a Tessalonica Teodosio, ammalatosi pericolosamente, espresse il desiderio di ricevere il battesimo cristiano. Una volta battezzato, si riprese completamente dalla malattia.

Ma, nel frattempo, la malattia dell’Imperatore fece recuperare nuovo coraggio ai Goti, che divisero la loro armata in due parti. Fritigerno e i Tervingi devastarono la Tessaglia, l’Epiro e l’Acaia, mentre Alateo e Safrace, con il resto delle truppe greutunge, si diressero verso la Pannonia.

Ora, secondo Giordane, l’Imperatore Graziano era intento a respingere le incursioni degli Alamanni. Sempre, secondo Giordane, quando Graziano apprese che i Goti Greutungi, spinti a una maggiore audacia a causa della malattia dell’Imperatore Teodosio, stavano invadendo la Pannonia, allestì rapidamente un esercito e andò loro incontro per fermare le loro incursioni; ma, invece di riporre fiducia nelle armi, cercò di conquistarli con la gentilezza e con i doni; in questo modo, entrò in tregua con essi, firmando un trattato di pace, e approvvigionandoli. Sempre secondo Giordane, quando l’Imperatore Teodosio, appena ripresosi dalla malattia, apprese del trattato negoziato da Graziano con i Goti Greutungi, diede il suo assenso al trattato.

Secondo alcuni autori, che danno credito a questa notizia dello spesso inattendibile Giordane, Graziano avrebbe effettivamente firmato questo presunto trattato con i Goti Greutungi nel 380, accettando di insediarli come foederati in Pannonia. Altri autori, come Heather, ritengono Giordane inattendibile e sostengono che il trattato del 382 riguardasse anche i Greutungi e non solo i Tervingi.

SCONFITTA SUBITA IN MACEDONIA DA TEODOSIO NEL 380

Nel frattempo, però, i Tervingi, informati dai disertori barbari dello stato disordinato dell’esercito di Teodosio e del libero accesso che i mercenari barbari avevano ad esso, pensarono bene di approfittarne per continuare i saccheggi dei territori imperiali. L’Imperatore Teodosio, informato che i Barbari erano penetrati in Macedonia senza trovare opposizione, marciò con tutte le sue armate contro di essi per porre fine alle loro scorrerie. Non aveva fatto però i conti, secondo almeno Zosimo, con i mercenari goti del suo stesso esercito, i quali disertarono passando dalla parte dei loro connazionali, i quali, giunti in prossimità dell’accampamento imperiale, assaltarono di notte la tenda dell’Imperatore.

Poiché tutti i loro connazionali che servivano nelle legioni romane defezionarono proditoriamente passando dalla loro parte, trovarono opposizione dai soli Romani. I soldati romani, trovatisi in netta inferiorità numerica, poterono solo a stento permettere la fuga dell’Imperatore, mentre essi stessi furono tutti uccisi, dopo aver però combattuto coraggiosamente e aver ucciso un grande numero di Barbari. Avessero i Barbari sfruttato questa vittoria, e inseguito tutti coloro che erano fuggiti con l’Imperatore, li avrebbero avuti interamente alla loro mercè. Ma, soddisfatti dei risultati già ottenuti, ed essendosi di fatto insignoriti della Macedonia e della Tessaglia, che erano rimaste senza protezione, essi lasciarono le città prive di danni, nella speranza di ricevere un tributo da esse. Nel frattempo Teodosio, dopo aver provveduto a rinforzare le fortezze e le città con guarnigioni adeguate, fece ritorno a Costantinopoli, dopo aver inviato lettere all’Imperatore Graziano, informandolo della recente disfatta e richiedendoli urgentemente ulteriori rinforzi.

Come se non bastassero i Barbari a tormentare i provinciali della Tessaglia ed Epiro, comparvero ancora più rapaci degli invasori, gli esattori delle tasse romani, che pretendevano la riscossione dei tributi. La rapacità dei funzionari del fisco romani fu tale che tutto ciò che non era stato predato dall’umanità dei barbari fu riscosso dagli esattori come tributo, impadronendosi non solo del denaro, ma persino degli ornamenti e dei vestiti delle donne, che furono ridotte quasi alla nudità pur di riuscire a soddisfare le richieste rapaci degli esattori. Secondo lo storico pagano Zosimo, che tuttavia era ostile nei confronti di Teodosio in quanto imperatore cristiano e persecutore dei pagani, ogni città di quelle province giunse a lamentarsi per la rapacità dei funzionari romani, cominciando quasi a preferire il ritorno dei Barbari, che risultavano a questo punto il male minore. Tale era lo stato della Macedonia e della Tessaglia, quando l’Imperatore Teodosio fece la sua entrata a Costantinopoli con grande pompa, come se avesse ottenuto un trionfo per qualche vittoria importante.

LA FUGA DI ATANARICO A COSTANTINOPOLI NEL 381

Nel frattempo, Atanarico, re di quella parte dei Goti che era rimasta a Nord del Danubio, fu costretto alla fuga con un piccolo seguito a Costantinopoli, alcuni dicono scacciato dalla sua stessa gente, altri riferiscono aggredito dai Goti che già avevano invaso l’Impero, in modo da non lasciarsi alle spalle possibili ostacoli alle loro imprese ai danni dell’Impero.

Atanarico fu accolto con gentilezza dall’Imperatore Teodosio, che si era appena ripreso dalla malattia. Teodosio diede una fastosa accoglienza all’esule goto e al suo seguito, decidendo addirittura di avventurarsi fuori dalla città per venirgli incontro.

Teodosio continuò a trattarlo con grande rispetto durante la sua permanenza a Costantinopoli e, quando Atanarico perì, non molto tempo dopo (nel gennaio 381), gli concesse una sepoltura regale, che era così fastosa, che i Barbari erano rimasti attoniti per il suo splendore estremo, e ritornarono nella loro nazione senza offrire ulteriori molestie ai Romani. Ed erano rimasti talmente incantati dalla liberalità e magnificienza dell’Imperatore, che essi continuarono a mantenere guardia perpetua sulla riva del Danubio, per prevenire qualunque incursione contro i Romani.

LE MODESTE VITTORIE DI BAUTONE E ARBOGASTE

Nel frattempo Graziano, ricevuta la notizia della sconfitta subita in Macedonia da Teodosio, inviò rinforzi sotto il comando di Bautone e Arbogaste. Entrambi erano Franchi, ma leali ai Romani, esenti da corruzione o avarizia, e dotati di prudenza come anche di coraggio. Quando l’armata, condotta da questi due generali così valorosi, giunse in Macedonia e Tessaglia, i Goti che stavano devastando tutto prima del loro arrivo, atterriti dalla risoluzione di questi due comandanti, immediatamente si ritirarono in Tracia, che già in precedenza avevano devastato.

Essendo in dubbio come agire, essi adoperarono lo stesso stratagemma utilizzato in precedenza: essi inviarono all’Imperatore Teodosio fuggitivi del rango più basso per promettergli fedeltà e obbedienza, seguiti successivamente da molti altri. Teodosio acconsentì alle negoziazioni e firmò con i Goti un trattato.

IL TRATTATO DI PACE DEL 382

Il 3 ottobre 382 fu firmato il trattato di pace con i Goti. Essi furono insediati come Foederati nelle province di Mesia II e di Scizia Inferiore (ovvero le due province settentrionali della diocesi di Tracia), e forse anche in Macedonia, ricevendo campi da coltivare e rimanendo sostanzialmente indipendenti, anche se il territorio di insediamento rimaneva legalmente di proprietà dell’Impero. Non fu riconosciuto loro il diritto di eleggersi un capo unico, ma dovevano essere governati da più re, in base al divide et impera (governati da più re risultavano meno coesi e conseguentemente meno pericolosi). In cambio avrebbero dovuto fornire truppe mercenarie all’esercito romano ogni qualvolta l’Imperatore ne avrebbe fatto richiesta. Alcuni dei guerrieri goti furono reclutati nell’esercito regolare, ma la maggior parte di essi combattevano per Roma solo su richiesta e per specifiche campagne militari, e per di più non sotto generali romani ma sotto il comando dei loro stessi capi tribali. Erano insomma foederati intra fines. Ai Goti non fu riconosciuta nemmeno la cittadinanza romana, a parte per specifici individui in virtù dei loro meriti individuali. Essi rimanevano una popolazione autonoma, o semiautonoma, all’interno dell’Impero, sostanzialmente non sottomessa.

Il retore Temistio, su commissione di Teodosio, in un’orazione al senato di Costantinopoli nel gennaio 383, tentò di presentare il trattato con i Goti come una vittoria romana, lodando l’Imperatore per aver avuto pietà dei Goti non annientandoli in battaglia ma permettendo loro di passare al servizio dei Romani. Per merito di Teodosio, asseriva, i Goti ora servivano l’Impero sia come contadini che come soldati, e ora i campi spopolati della Tracia erano coltivati da quegli stessi Goti che li avevano devastati, ora divenuti contadini una volta deposte le armi. Temistio comunque non nasconde, anche se lo afferma in maniera non troppo esplicita, che Teodosio non era in grado di infliggere una sconfitta completa ai Goti e dunque dovette raggiungere un compromesso con loro. E il fatto che i Goti, in base al trattato, fossero rimasti almeno in parte autonomi da Roma è confermato dalla parte del discorso in cui Temistio fa il paragone tra i Goti e i Galati, affermando che, così come i Galati nel corso dei secoli furono assimilati gradualmente alla cultura greco-romana, lo stesso sarebbe accaduto ai Goti. Secondo Temistio ora (nel 383) i Goti erano autonomi ed estranei all’Impero pur vivendoci entro i suoi confini, ma ben presto sarebbero diventati sudditi romani a tutti gli effetti. Il seguito della storia diede torto a Temistio, e l’Impero romano d’Occidente sarebbe crollato entro un secolo anche a causa loro.