I regni di Giustino II, Tiberio II e Maurizio

IL REGNO DI GIUSTINO II

Giustiniano morì il 14 novembre 565. Il giorno dopo fu proclamato suo successore il nipote Giustino. Giustino II era il figlio di Vigilanzia, la sorella di Giustiniano. Era sposato con Sofia, che divenne di conseguenza la nuova Augusta (imperatrice). Nei primi giorni di regno mostrò di voler prendere le distanze da come suo zio avesse governato l’Impero. Pagò tutti i debiti, e proclamò la tolleranza religiosa universale. Inoltre dimostrò di voler abbandonare la politica di Giustiniano di pagare tributi ai Barbari pur di tenerli buoni cedendo così al loro ricatto. Nel nono giorno di regno Giustino II ricevette degli ambasciatori avari i quali sollecitarono il pagamento del tributo. Giustino II rifiutò di continuare a pagare il tributo degli Avari dimostrandosi pronto ad affrontarli in battaglia se necessario. Per il momento la mossa funzionò. Gli Avari decisero per il momento di non attaccare l’Impero ma piuttosto i Franchi e i Gepidi.

Nella guerra contro i Gepidi gli Avari si allearono con i Longobardi. I Gepidi, in qualità di alleati dell’Impero, sollecitarono rinforzi da Giustino II, ma questi fece orecchie da mercante e anzi approfittò della distruzione del regno gepido per impadronirsi dell’importante città di Sirmio, che dunque tornò a far parte dell’Impero. Dopo la conquista avara del regno gepido, i Longobardi, pressati dall’espansionismo avaro, decisero di invadere l’Italia (568). Complice anche un’epidemia di peste che aveva indebolito gli imperiali, in breve tempo l’intera Italia Settentrionale, a parte le coste della Liguria e della Venezia, cadde in mano longobarda. Nel frattempo in Spagna il nuovo re visigoto Leovigildo attaccò i possedimenti imperiali nella Spagna meridionale: nel 570 annesse i distretti di Baza e Malaga, mentre l’anno successivo espugnò la città di Asidonia. Nel frattempo le province dell’Africa erano devastate da un temibile capo mauro, Garmul, il quale tra il 569 e il 571 sconfisse ripetutamente l’esercito imperiale. Giustino II, invece di inviare rinforzi in soccorso delle province occidentali invase da Mauri, Visigoti e Longobardi, decise incautamente di aprire un secondo fronte. Nell’anno 572 smise di pagare il tributo ai Persiani (ritenuto da alcuni storici dell’epoca umiliante) e favorì una rivolta antipersiana in Armenia. Il risultato fu una nuova guerra contro i Persiani che si sarebbe protratta per circa un ventennio.

La frontiera tra l’Impero e la Persia nel 565.

La guerra persiana cominciò male e nel 573 fu conquistata dai Persiani la strategicamente importante fortezza di Dara. Il contraccolpo fu tale che Giustino II cominciò a manifestare i primi segni di un grave squilibrio mentale. A causa di questa infermità, l’imperatore non poteva più governare autonomamente, per cui nel dicembre 574 proclamò Cesare il suo Comes Excubitorum (comandante delle guardie del corpo) Tiberio Costantino, a cui affidò il governo dell’Impero.

Giustino II si era reso impopolare vessando il popolo con tasse elevate. Tiberio II fece l’opposto, riducendo notevolmente le tasse e rendendosi artefice di atti di beneficenza e di prodighe donazioni. Questo lo rese estremamente popolare, ma finì anche per mandare sull’orlo della bancarotta l’Impero per eccessiva prodigalità. Tiberio firmò una tregua di tre anni con i Persiani, non valida tuttavia per l’Armenia, e inviò rinforzi in Italia sotto il comando di Baduario che tuttavia nel 576 fu sconfitto dai Longobardi che ne approfittarono per espandersi anche nell’Italia Meridionale. La guerra con la Persia procedeva tra alti e bassi. Nel 576 il generale Giustiniano inflisse una grave sconfitta all’esercito persiano condotto da Cosroe I in persona ma l’anno successivo fu sconfitto e costretto al ritiro. Tiberio lo destituì affidando il comando dell’esercito a Maurizio. Nel frattempo Giustino II morì e Tiberio gli succedette venendo proclamato Augusto (ottobre 578).

IL REGNO DI TIBERIO II

Secondo fonti occidentali (Gregorio di Tours e Paolo Diacono) il giorno dell’incoronazione fu ordita una congiura contro il nuovo imperatore Tiberio II, volta a innalzare sul trono il generale Giustiniano, nipote dell’omonimo imperatore. I congiurati intendevano attaccare a tradimento e uccidere Tiberio durante la precessione all’ippodromo. Tuttavia il piano fallì in quanto Tiberio non si recò all’Ippodromo preferendo pregare nei luoghi di culto per poi recarsi direttamente al palazzo, dove avvenne l’incoronazione. Tiberio II rassicurò Giustiniano che nel frattempo si era prostrato implorando la grazia e giungendo persino a offrirgli 1500 libbre d’oro, perdonandolo e consentendogli di rimanere nel palazzo imperiale. Le insidie, tuttavia, non erano ancora finite. Sofia, la vedova di Giustino II, intendeva mantenersi al potere sposando Tiberio, ma il problema era che quest’ultimo era già sposato con Anastasia, per cui il matrimonio tra Tiberio e Sofia non era possibile. Sofia, adirata per ciò, ordì una nuova congiura per collocare sul trono Giustiniano. Anch’essa tuttavia fallì. Tiberio II punì severamente Sofia che venne posta sotto stretta sorveglianza, ma perdonò di nuovo Giustiniano.

Nei primi giorni di regno come Augusto Tiberio ricevette ambasciatori dal Senato romano implorandogli soccorso contro i Longobardi, in procinto di assediare la stessa Roma. Tiberio II rispose che non poteva purtroppo inviare rinforzi a causa della situazione sul fronte orientale, e suggerì di corrompere i capi longobardi per spingerli a disertare ed entrare a far parte dell’esercito imperiale, per poi essere impiegati contro i Persiani.

La necessità di concentrare gran parte dell’esercito sul fronte orientale sguarnì inoltre di truppe le province illiriche esponendole alle incursioni degli Slavi e degli Avari. Nel 580 gli Avari, violando i patti, cinsero d’assedio proditoriamente la città di Sirmio, che cadde nel 582 dopo un assedio di due anni. Nel 581 orde di Slavi invasero le province illiriche per insediarvisi stabilmente. Lo storico ecclesiastico Giovanni da Efeso commentò:

Quello stesso anno, il terzo dopo la dipartita dell’Imperatore Giustino [581], rimase negli annali della storia anche per l’invasione di un popolo maledetto, chiamati Slavi, che devastarono l’intera Grecia, e il paese dei Tessalonici, e tutta la Tracia, espugnando città e diverse fortezze, devastando e bruciando e riducendo la popolazione in schiavitù, e insignorendosi dell’intera regione, nella quale si insediarono […] come se fosse stata la propria senza timore.
Sono già trascorsi quattro anni da quel giorno, e tuttora oggi [584], poiché l’Imperatore è impegnato nella guerra con i Persiani, e ha inviato tutte le sue truppe in oriente, […] essi continuano […] a vivere in pace nei territori romani, liberi da ogni ansia e timore, continuando a ridurre in schiavitù, a massacrare e a incendiare: ed essi si sono così arricchiti di oro e argento, […] di cavalli e armi, che hanno appreso come lottare meglio dei Romani, sebbene in un primo momento non fossero che rudi selvaggi […].

La situazione migliorò perlomeno in Africa, dove nel 579 il nuovo generale Gennadio aveva vinto in battaglia i Mauri di re Garmul ponendo fine alle loro incursioni e pacificando per il momento la regione. Nel 582 Tiberio II cadde gravemente ammalato; ormai in fin di vita, nominò due eredi al trono: Maurizio e Germano. Entrambi vennero nominati Cesari. Sembra che avesse intenzione di dividere l’Impero in una parte occidentale e in una parte orientale ma poi cambiò idea e nominò Maurizio suo unico successore. Il 14 agosto 582 Tiberio II si spense e gli succedette il generale Maurizio.

IL REGNO DI MAURIZIO

Il nuovo imperatore Maurizio concentrò le proprie truppe sul fronte orientale contro la Persia cercando di tenere buoni gli invasori con mosse diplomatiche. Istigò più volte i Franchi a invadere il regno longobardo, con risultati tuttavia modesti. Accettò inoltre di pagare un pesante tributo annuale agli Avari per tenerli buoni. Nel frattempo, però, gli Slavi si erano insediati nell’Illirico provocando la perdita del controllo di molte di quelle province, con conseguenze pesanti sul gettito fiscale dell’Impero. Dopo anni di disinteresse nei confronti dei Balcani, a causa del gravoso impegno sul fronte orientale contro la Persia, Bisanzio sembrava aver perso il controllo della penisola. Finché la guerra con la Persia era in corso l’Imperatore non poté far niente contro gli Slavi.

La guerra con la Persia proseguiva permanendo in stallo. Per giunta la prodigalità del predecessore Tiberio II aveva mandato lo stato sull’orlo della bancarotta e Maurizio si trovò costretto ad adottare una politica di tagli, per risparmiare sui costi. Nel 588 la decisione di ridurre di un quarto il soldo delle truppe provocò un grave ammutinamento dell’esercito, che finì solo nell’estate 589 allorquando Maurizio acconsentì ad annullare la riduzione della paga. Nel frattempo, però, in Persia era scoppiata una guerra civile. Nel 589 il generale Bahram Chobin si era rivoltato e nell’anno successivo era riuscito a impossessarsi del trono come Bahram VI. Lo scià di Persia legittimo Cosroe II fu costretto alla fuga in territorio imperiale implorando l’aiuto di Maurizio per riconquistare il trono. Maurizio a questo punto ricevette due proposte diverse da Bahram e da Cosroe II. Bahram, in cambio della neutralità nella guerra civile in corso in Persia, offriva agli Imperiali la restituzione di Dara e Martiropoli e la cessione di Nisibi. Cosroe II invece offriva la restituzione di Dara e Martiropoli e la cessione di parte dell’Armenia persiana e dell’Iberia. Maurizio decise di accettare l’offerta di Cosroe II e gli offrì aiuti militari contro l’usurpatore Bahram. Nel 591 l’esercito imperiale, condotto dal generale Narsete, riuscì a sconfiggere in battaglia Bahram e a restaurare Cosroe II sul trono di Persia.  Cosroe II ricompensò i Romani cedendo loro diversi territori, secondo i patti, e inoltre mantenne rapporti di amicizia con l’Impero fino alla morte di Maurizio.

Dopo la sua vittoria contro i Persiani, il sovrano poté avviare finalmente una tutto sommato vittoriosa controffensiva contro Avari e Slavi. Secondo lo storico Teofilatto Simocatta Maurizio avrebbe avuto l’intenzione di comandare di persona l’esercito, fatto straordinario per l’epoca dato che era dai tempi di Teodosio I che un Imperatore romano non comandava personalmente il suo esercito in battaglia; la moglie, il Senato e il Patriarca di Costantinopoli avrebbero tentato invano di fargli cambiare idea. Tuttavia una serie di avvenimenti di cattivo auspicio durante la marcia per Anchialo lo avrebbero spinto a desistere dal proposito di condurre le campagne di persona. Maurizio tornò a Costantinopoli adducendo come pretesto il fatto che doveva ricevere degli ambasciatori persiani. Ad un’analisi dettagliata del resoconto di Teofilatto, tuttavia, emergono una serie di contraddizioni che fanno dubitare della veridicità della campagna: probabilmente Teofilatto ha fatto confusione tra due spedizioni separate avvenute in tempi diversi (nel 590 e dopo il 595) fondendole in una sola, mentre i presagi non sono da reputare come veramente accaduti, e sono tratti probabilmente da una fonte “agiografica” usata da Teofilatto.

Il comando dell’esercito fu affidato al generale Prisco, che precedentemente era caduto in disgrazia a causa delle sconfitte subite contro gli Avari nel 588. Prisco conseguì dei parziali successi contro Avari e Slavi oltre Danubio. Tuttavia, quando Maurizio ordinò alle truppe di svernare oltre il Danubio in territorio nemico (in quanto in inverno gli Slavi erano più vulnerabili a un attacco), i soldati protestarono, e Prisco, temendo gli effetti funesti di un loro possibile ammutinamento, decise di accontentarli disobbedendo così all’ordine dell’Imperatore. Maurizio di conseguenza lo destituì affidando il comando dell’esercito a suo fratello Pietro.

Il nuovo comandante conseguì alcuni successi in Tracia contro gli Slavi. Tuttavia Maurizio, per risanare il bilancio, decise di ridurre le paghe dei soldati; questi ovviamente protestarono costringendo Pietro a ripristinare il loro antico salario; Maurizio, risentito per la decisione del fratello di ripristinare gli antichi salari alle truppe, lo destituì sostituendolo con Prisco.

Nel frattempo gli Slavi avevano distrutto Singidunum e avevano devastato la Dalmazia; Prisco riuscì tuttavia a pacificare l’Illirico e la Tracia. Il Khagan, tuttavia, sferrò nell’autunno 597 un massiccio attacco che colse di sorpresa gli impreparati imperiali minacciando direttamente la stessa capitale Costantinopoli. Tuttavia gli Avari, colpiti e decimati da un’epidemia di peste, decisero di ritirarsi dai Balcani a condizione che Maurizio aumentasse il loro tributo da 100.000 nomismata a 120.000.

Maurizio riuscì a pagare la somma richiesta ma la peste si diffuse anche tra i Bizantini, indebolendo ulteriormente l’Impero. Nonostante tutto, Maurizio decise di approfittare dell’indebolimento degli Avari conseguente alla peste sollecitando Prisco ad attaccare. La nuova spedizione, iniziata nell’estate del 599, fu un successo: sotto il comando di Prisco le truppe imperiali attraversarono il Danubio e vinsero cinque battaglie di fila, massacrando circa 60.000 barbari (tra cui quattro figli del Khagan) e facendone prigionieri 17.200.

L’Impero romano d’Oriente intorno all’anno 600.

Nel 602 i Bizantini riuscirono a riportare il limes di nuovo sul Danubio e Maurizio pianificava di ripopolare le zone spopolate dai saccheggi e dalle devastazioni dei barbari inviando in queste zone dei coloni armeni. I successi riportati da Maurizio furono però vanificati dal caos provocato dall’usurpazione di Foca. Nell’autunno del 602 Maurizio impose ai soldati di svernare nelle terre desolate al di là del Danubio; l’esercito si ribellò e nominò imperatore un centurione, Foca. Questi, forte dell’impopolarità dell’imperatore legittimo, marciò sulla capitale, con l’intenzione di rovesciare Maurizio e prendere il potere. Maurizio sospettò un possibile tradimento del consuocero Germano e ordinò il suo arresto. La popolazione, tuttavia, insorse in difesa di Germano e la situazione uscì fuori dal controllo di Maurizio che fu costretto alla fuga. Maurizio e la sua famiglia si imbarcarono in una piccola nave, ma furono costretti da una tempesta a sbarcare a Calcedonia, città dell’Asia Minore contigua a Bisanzio, dove si rifugiarono nella Chiesa di Santo Autonomo. Qui Maurizio, non potendosi muovere perché colpito da artrite, affidò al suo primogenito Teodosio l’incarico di recarsi in Persia per implorare l’aiuto dello scià Cosroe II contro l’usurpatore Foca. Nel frattempo Foca entrava a Costantinopoli in trionfo, e fu incoronato imperatore. Avviò dei boia a Calcedonia e questi catturarono e giustiziarono Maurizio e i suoi cinque figli maschi (27 novembre 602). Probabilmente anche Teodosio fu catturato e ucciso, e il sedicente Teodosio ospitato nella corte di Cosroe II era solo un impostore. Finì così il regno di Maurizio. Tra le sue carte fu trovato il testamento:

[…] Colpito infatti da una grave malattia, Maurizio, nel quindicesimo anno di dominio imperiale, ripartiva per iscritto il potere. A Teodosio, il figlio più anziano, postolo a capo di Costantinopoli, affida le questioni orientali; Tiberio invece lo sistemò come sovrano della vecchia Roma e gli assegnò l’Italia e le isole del mar Tirreno; il resto dell’Impero dei Romani lo suddivise tra gli altri figli, affidandone la tutela, data l’età minore, a Domiziano, legato a Maurizio da legami di parentela. Costui ricopriva la carica di arcivescovo della famosa chiesa dei Meliteni, uomo abile nell’azione, ancor più abile nella politica: e dunque per la sua grande intelligenza dell’Imperatore gli erano state affidate le più importanti questioni dell’Impero dei Romani. […]

L’usurpazione di Foca rese nullo questo testamento. L’usurpazione di Foca portò a conseguenze catastrofiche per Bisanzio. Cosroe II dichiarò guerra all’Impero con il pretesto di collocare sul trono il sedicente Teodosio (probabilmente un impostore). Iniziò così una guerra quasi trentennale che portò l’Impero sull’orlo del collasso. Nel frattempo gli Avari e gli Slavi ripresero a invadere l’Impero che perse il controllo delle province balcaniche ad eccezione dei dintorni di Tessalonica, che fu più volte assediata dal nemico. Per l’Impero cominciava un periodo molto difficile in cui si trovò a lottare per la sua stessa sopravvivenza.