Attila contro Ezio e l’Impero d’Occidente

INVASIONE DELLA GALLIA E DELL’ITALIA
Nel 451 Attila prese di mira l’Impero romano d’Occidente. Il cambiamento di obbiettivo va ricercato nel fatto che non poteva ulteriormente spremere a fondo le finanze dell’Impero d’Oriente e inoltre un popolo come gli Unni dovevano tenere costantemente impegnati nella guerra i popoli sudditi per impedire che potessero scuotere il giogo ribellandosi. La guerra continua era dunque un modo per mantenere alta la stabilità di un impero privo di una struttura politica organizzata come quello degli Unni, e il prestigio militare di Attila era essenziale per impedire ai popoli soggetti di rivoltarsi: dovevano infatti credere che il loro capo fosse invincibile e temere la sua ira in caso di ribellione.

Le fonti antiche sostengono anche che Attila avesse invaso l’Impero d’Occidente perché innamorato di Onoria, sorella di Valentiniano III: ma il fatto che abbia invaso la Gallia invece dell’Italia indica che non fu per questo che invase l’Impero. Infatti, come fa notare Heather, “Attila non si precipitò verso l’Italia, dove Onoria languiva prigioniera, ma attaccò la Gallia; anche se la sua conoscenza della geografia era sicuramente approssimativa, dobbiamo ritenerlo capace quanto basta per sapere da quale parte delle Alpi si trovasse la sua bella”. Probabilmente Onoria fu solo il pretesto ma non il reale motivo che spinse Attila a dichiarare guerra all’Impero d’Occidente.

Valentiniano III, con la madre Galla Placidia e la sorella Giusta Grata Onoria (Brescia, Museo di Santa Giulia). Onoria ebbe una tresca con un cortigiano e rimase incinta, cosa che mandò su tutte le furie suo fratello che la punì severamente, al punto che ella giunse a chiedere aiuto al re degli Unni, Attila, che colse il pretesto per invadere l’Impero.

Ma che era successo? Giusta Grata Onoria, figlia di Galla Placidia e sorella dell’Imperatore d’Occidente Valentiniano III era stata scoperta mentre andava segretamente a letto con un certo Eugenio, preposto alla gestione dei suoi affari. Eugenio fu giustiziato per questo crimine, mentre Onoria fu privata della sua posizione reale e promessa sposa a Ercolano, uomo di rango consolare e della cui lealtà al sovrano non si poteva dubitare. Onoria, allora, inviò l’eunuco Giacinto presso Attila, chiedendogli di salvarla da quel matrimonio combinato in cambio di denaro. Attila interpretò la richiesta di aiuto di Onoria come una proposta di matrimonio e inviò presso la corte occidentale un’ambasceria chiedendo come dote metà dell’Impero d’Occidente. Valentiniano III reagì rispondendo all’ambasceria che Onoria non poteva sposare Attila in quanto già promessa sposa a un altro uomo. Valentiniano III, inoltre, fece torturare e decapitare l’eunuco Giacinto e consegnò sua sorella Onoria alla madre Galla Placidia. Nel frattempo, essendosi spento Teodosio II ed essendogli succeduto sul trono orientale Marciano, Attila inviò un’ambasceria alla corte orientale richiedendo il pagamento del tributo stabilito, ma Marciano rifiutò con sdegno di continuare a pagare il tributo agli Unni preferendo piuttosto la guerra se necessario. Attila decise di attaccare la parte occidentale, consapevole che in questo modo avrebbe combattuto non solo i Romani, ma anche i Goti e i Franchi. Secondo Prisco, il pretesto della guerra di Attila contro i Franchi fu la morte del loro re Clodoveo e il disaccordo dei suoi figli sulla spartizione del regno: il maggiore aveva deciso di appoggiarsi ad Attila come suo alleato, mentre il più giovane ottenne l’alleanza di Ezio.

Comunque nel 451:
“Improvvisamente il mondo barbaro, squarciato da un potente sollevamento, rovesciò tutto il Nord in Gallia. Dopo il bellicoso rugio ecco arrivare il feroce gepido, e il gelonio li segue da presso; il burgundo presso lo sciro; si scagliano in avanti l’unno, il bellonozio, il neuriano, il bastarno, il turingio, il bruttero e il franco.”

Attila, con la sua orda, oltrepassò il Reno nei dintorni di Coblenza: dirigendosi verso ovest, saccheggiarono città come Metz e Treviri, e a giugno erano già nei dintorni di Orleans. Ezio reagì prontamente all’avanzata del re unno, alleandosi con i Burgundi e i Visigoti. Grazie all’alleanza con questi popoli federati, costrinse il re unno a levare l’assedio a Orleans, per poi scontrarsi con lui nei Campi Catalauni, a fine giugno. Fu una battaglia cruenta, ma l’esercito di Attila subì una dura sconfitta, e il re unno fu costretto ad evacuare la Gallia. Ezio, sfruttando l’alleanza con le popolazioni barbariche stanziate nella Gallia, era riuscito a vincere un re che sembrava invincibile e che aveva umiliato addirittura l’Impero romano d’Oriente. Una vittoria che ha quasi del miracolo.

Attila, lasciate riposare le sue truppe, non si arrese, comunque. Non aveva accettato la sconfitta, e doveva far pagare l’Impero per l’umiliazione subita. Nella primavera dell’anno 452 invase dunque l’Italia attraversando le Alpi Giulie. La prima città ad essere assediata fu Aquileia, bagnata dalle acque del fiume Natissa. L’assedio si protrasse per tre mesi e a un certo punto Attila era sul punto di desistere, quando vide delle cicogne abbandonare la torre sulla quale avevano fatto il nido, come se volessero sfuggire a qualche sciagura imminente. Interpretandolo come un presagio favorevole, Attila ordinò ai suoi di assaltare le mura: secondo Procopio proprio la parte delle mura abbandonata dalle cicogne crollò e gli Unni poterono saccheggiare la città e distruggerla, mentre i suoi abitanti furono o sterminati o fatti prigionieri. Paolo Diacono narra la triste storia, forse presa da una tradizione popolare, di una donna di nome Digna, che abitava in una stanza di una torre delle mura, la cui finestra si affacciava sul fiume Natissa. Si narra che Digna, nel timore di essere violata dagli Unni, si gettò nel fiume Natissa dalla finestra della propria abitazione, pur di non perdere la propria verginità e l’onore.

In seguito alla presa di Aquileia, Attila riuscì ad espugnare Padova, Mantova, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo e, dopo un lungo assedio, anche Milano. Secondo un aneddoto, nel palazzo reale di Milano c’era un dipinto in cui erano raffigurati i Cesari seduti in trono e ai loro piedi i principi sciti; Attila, colpito dal dipinto, lo fece modificare: i Cesari vennero raffigurati nell’atto di vuotare supplici borse d’oro davanti al trono dello stesso Attila.

Incontro tra Leone il Grande e Attila, Affresco, 1514, Stanza di Eliodoro, Palazzi Pontifici, Vaticano. L’affresco fu completato durante il pontificato di Leone X (papa dal 1513 al 1521). Secondo la leggenda, la miracolosa apparizione dei Santi Pietro e Paolo armati con spade durante l’incontro tra Papa Leone e Attila (452) avrebbe spinto il re degli Unni a ritirarsi, rinunciando al sacco di Roma.

Ma la carestia e delle epidemie dovuti ai lunghi assedi avevano indebolito l’esercito unno, senza contare che l’Impero d’Oriente aveva deciso di intervenire in appoggio della pars occidentis attaccando gli Unni. Inoltre Attila temeva che profanando Roma avrebbe rischiato di fare la fine di Alarico, morto alcuni mesi dopo il sacco del 410, insomma che saccheggiare Roma portasse male. Fu così che, dopo un incontro con Papa Leone e alcuni funzionari imperiali avvenuto nei pressi del fiume Mincio, Attila decise di abbandonare l’Italia. Non fu certamente per intervento del Papa, quindi, ma semplicemente per problemi di carattere logistico-militare che la spedizione di Attila fallì.

Tornato nei suoi territori oltre il Danubio, Attila pretese dall’Impero d’Oriente il pagamento del tributo minacciando in caso contrario la guerra, e rifiutò di ricevere un ambasciatore inviato da Marciano, Apollonio, in quanto adirato perché non gli aveva portato il tributo. Prima che potesse attaccare l’Impero d’Oriente, tuttavia, Attila perì. Il suo Impero andò poco dopo in frantumi.

LA CADUTA DI EZIO E VALENTINIANO

Ezio, dopo essere riuscito nell’impresa di respingere gli Unni, che tanto avevano umiliato l’Impero romano d’Oriente, riprese la sua opera di difesa del declinante impero. Nel 453 inviò il nuovo conte di Spagna, Mansueto, nella penisola iberica, e costui e un altro conte, tal Frontone, firmò un trattato di pace con gli Svevi, in base al quale, sembra, i Romani recuperarono almeno alcune parti della provincia Cartaginense. Con la collaborazione dei Visigoti, condotti da Federico, fratello del nuovo re Teodorico II, annientò una rivolta dei Bagaudi scoppiata per l’ennesima volta nella Tarraconense. Non visse però a lungo dopo questi limitati successi: Valentiniano III, infatti, era stanco di essere un imperatore fantoccio che seguiva gli ordini di Ezio, e ormai il valente generale non gli serviva più perché la minaccia unna era stata sconfitta.

Non sopportando più l’ingerenza di Ezio negli affari di stato e desiderando finalmente regnare da solo ed effettivamente, nel 454 Valentiniano III fece assassinare Ezio con la collaborazione degli eunuchi di corte.

Ma l’anno dopo due guardie del corpo di Ezio, Optila e Traustila, vendicarono il loro ex capo, uccidendo Valentiniano III mentre questi stava cavalcando ed esercitarsi sul tiro all’arco presso il Campo Marzio. Le conseguenze dell’assassinio di Valentiniano III furono drammatiche: gli Svevi ruppero il trattato saccheggiando la Galizia mentre Genserico decise di attaccare l’Italia. Ma questo argomento verrà affrontato in seguito.