Giustino I e Giustiniano I

ELEZIONE E REGNO DI GIUSTINO I (518-527)
Anastasio non aveva designato un successore, né vi era ancora un Augusta che potesse influenzare l’elezione. L’esito non fu affatto scontato. La soluzione più naturale sarebbe stata la scelta di uno dei tre nipoti di Anastasio, Probo, Pompeo e Ipazio. Almeno uno di questi, Pompeo, non condivideva le simpatie di suo zio per l’eresia monofisita. Ma non erano ambiziosi, o forse la loro candidatura non riscosse il successo sperato.

L’Alto Ciambellano Amanzio tentò di assicurare il trono a un certo Teocrito, dando denaro al Comes Excubitorum Giustino affinché corrompesse le guardie. Il 9 luglio 518, in mattinata, il popolo si radunò all’Ippodromo acclamando il Senato. “Lunga vita al senato! Senato dei Romani, tu vincas! Richiediamo il nostro imperatore, datoci da Dio, per l’esercito; richiediamo il nostro imperatore, datoci da Dio, per il mondo!” Gli alti ufficiali, i senatori e il patriarca si erano riuniti nel Palazzo, e sedettero nel Triklinos dei Diciannove Akkubita. Il magister officiorum Celere li pregò di decidere rapidamente il successore di Anastasio I prima che l’esercito o il popolo potessero prendere l’inziativa, ma non riuscirono a raggiungere un’accordo. Nel frattempo gli Excubitores proclamarono il tribuno Giovanni, amico di Giustino, ma la sua candidatura non fu appoggiata dalla fazione degli Azzurri. Le scholae appoggiarono nel frattempo la candidatura di un patrizio e magister militum di cui le fonti non riferiscono il nome, ma gli Excubitores non lo accettarono e per poco non lo uccisero. Fu salvato per merito del candidatus Giustiniano, nipote di Giustino. Gli Excubitores proposero allora la candidatura di Giustiniano, che tuttavia rifiutò di accettare il diadema. Alla fine il Senato terminò le sue deliberazioni con l’elezione di Giustino, che fu costretto ad accettare la porpora. Giustino I, alla sua prima apparizione pubblica, fu ricevuto favorevolmente dalla popolazione, ma le Scholae rimasero scontente della scelta. Il nuovo imperatore fu incoronato dal patriarca Giovanni e fu acclamato Basileus dall’assemblea. Promise alle truppe una donazione di cinque nomismata e una libbra d’argento per ciascun uomo.

Tale è la descrizione ufficiale delle circostanze dell’elezione di Giustino, ma probabilmente molti particolari dietro le quinte sono stati soppressi. L’intrigo di Amanzio è ignorato, né una parola viene detta sulla candidatura di Teocrito che Giustino si era impegnato ad appoggiare. Se davvero Giustino avesse voluto davvero appoggiare la candidatura di Teocrito, perché il nome di Teocrito non è stato proposto all’Ippodromo? D’altra parte, se Giustino avesse agito per il proprio interesse, perché gli Excubitores proposero altri nomi, ma non il suo? La risposta a queste domande è che probabilmente tutto era una messinscena elaboratamente pianificata nei minimi dettagli da Giustino e dai suoi complici. Consapevoli di non poter contare sull’appoggio delle Scholae, sapevano che se Giustino fosse stato proclamato dalle sue sole truppe, difficilmente sarebbe riuscito a imporsi come nuovo imperatore. Essi ricorsero dunque all’espediente di fare in modo che l’iniziativa di fare il nome di Giustino provenisse dal Senato, la cui autorità, unita al sostegno degli Excubitores, avrebbe soverchiato la resistenza delle Scholae e reso possibile la sua incoronazione. Dunque fu stabilito che gli Excubitores avrebbero proposto candidati che non avevano alcuna possibilità di essere eletti, mentre i complici di Giustino avrebbero tentato di convincere il Senato a proporre come candidato qualcuno accettabile agli Excubitores, come Giustino, che, pur non essendo un candidato ideale al trono, è vecchio e moderato. Comunque siano andate le cose, Giustino fu incoronato con il consenso del senato, dei ministri di palazzo e dell’esercito.

Giustino, che al momento dell’elezione aveva all’incirca sessantasei anni di età, era di umili origini. Era un contadino illirico, nato nel villaggio di Bederiana nella provincia di Dardania, ed era di madrelingua latina. Si trasferì a Costantinopoli per arruolarsi nell’esercito, ed entrò a far parte delle guardie di palazzo, fino ad essere innalzato al rango di Comes Excubitorum e al rango di senatore. Era analfabeta ed era costretto, al pari di Teodorico il Grande, a usare uno strumento meccanico per firmare i documenti. Si era sposato con una propria schiava, Lupicina, che inizialmente era la sua concubina. Quando Lupicina fu incoronata Augusta cambiò nome in Eufemia. Nel frattempo Giustino aveva adottato suo nipote Pietro Sabbazio, figlio di sua sorella, lo aveva portato a Costantinopoli e si era assicurato che fosse adeguatamente istruito. Pietro Sabbazio, nell’atto di essere adottato da suo zio Giustino, cambiò nome in Giustiniano ed entrò a far parte dei candidati.

Giustino, non appena eletto imperatore, fece giustiziare o mandò in esilio i potenziali oppositori. Amanzio e Teocrito furono giustiziati. Richiamò inoltre a Costantinopoli Vitaliano, con cui si riappacificò, nominandolo magister militum praesentalis e nominandolo console per l’anno 520. Si assicurò la fedeltà dei parenti di Anastasio e di Marino, nominato prefetto del pretorio d’Oriente nel 519.

Il grande atto inaugurale della nuova dinastia fu la riunione con Roma, con conseguente abrogazione dell’Henotikon di Zenone, riconoscimento del Concilio di Calcedonia e persecuzione dei monofisiti. Della questione se ne occupò il nipote Giustiniano, che esercitava fin dal principio una preponderante influenza sul suo vecchio zio, e che era l’erede al trono. Subito dopo la sua incoronazione, Giustino aveva nominato Giustiniano Comes Domesticorum, gli aveva conferito il rango di patrizio e lo aveva nominato magister militum praesentalis. Giustiniano rivestì il consolato nel 521 e successivamente fu elevato al rango di nobilissimus, in quanto erede al trono. Nel frattempo Vitaliano fu assassinato, e si sospettò che il mandante del delitto fosse Giustiniano con il presunto movente di eliminare potenziali rivali.

Il potere dietro le quinte di Giustiniano era appoggiato dal clero ortodosso e dalla fazione dell’ippodromo degli Azzurri. In ogni fazione dell’ippodromo vi era una frangia turbolenta, nota come i Partigiani, che provocava sovente problemi di ordine pubblico, e Giustiniano venne accusato di favorire i partigiani azzurri, garantendo loro l’impunità da ogni crimine. Nel 524 un uomo fu assassinato dai Partigiani in Santa Sofia e, poiché Giustiniano era gravemente malato in quel frangente, fu consultato l’imperatore Giustino. I suoi consiglieri gli consigliarono di prendere drastiche misure contro i colpevoli, e Giustino ordinò al praefectus urbi Teodoto Colocinzio di giustiziare i colpevoli. Non appena però Giustiniano si riprese dalla malattia, punì Teodoto per le drastiche misure prese contro gli Azzurri destituendolo ed esiliandolo a Gerusalemme. Comunque sia, a causa della lezione ricevuta dagli Azzurri, gli ultimi anni di regno di Giustino I furono caratterizzati da una relativa tranquillità sia nella Capitale che nelle città delle province.

Poco c’è da dire sul resto del regno di Giustino. Furono prese misure persecutorie contro gli Ariani, che cagionarono un peggioramento dei rapporti con il regno ostrogoto di Teodorico il Grande. Nell’ultimo anno di regno scoppiò una guerra contro la Persia. Per il resto l’Impero godette di una relativa tranquillità.

Nella primavera del 527 Giustino, colpito da grave malattia, decise di associare al trono suo nipote Giustiniano. Il 4 aprile 527 nel grande Triklinos del Palazzo, in assenza di Giustino, fu eseguita l’incoronazione di Giustiniano per opera del patriarca. Giustino si riprese ma la sua morte fu rinviata soltanto di alcuni mesi. Si spense il 1 agosto 527, a causa di un’ulcera al piede.

GIUSTINIANO

L’imperatore Giustiniano I con il suo seguito, Ravenna, Basilica di San Vitale.

L’Imperatore Giustiniano aveva all’incirca quarantacinque anni quando salì al trono. Del suo aspetto è possibile farsi un’idea sulla base dei ritratti sulle monete e sui mosaici, nonché sulla base della descrizione di scrittori coevi. Era di media statura, né magro né grasso. Il busto che appare sulla monetazione emessa quando lui aveva 56 anni mostra che ci potrebbe essere un fondo di verità nell’affermazione dello storico ostile Procopio di Cesarea, secondo cui Giustiniano assomigliava nell’aspetto a Domiziano.

Giustiniano amava il lavoro, e dormiva poco, lavorando anche fino a notte fonda dedicandosi giorno e notte per gli interessi dello Stato. Era anche parco nel mangiare e nel bere, ed era astemio. In genere possedeva molto autocontrollo, non offendendosi se un suddito audace o senza tatto si rivolgesse a lui con una libertà che altri avrebbero percepito come mancanza di rispetto, e raramente si inferociva. Sapeva mostrare, in certe circostanze, anche clemenza. Probo, il nipote di Anastasio, fu processato per tradimento, ma perdonato da Giustiniano.

Il regno di Giustiniano, sovrano che dedicò giorno e notte agli interessi dello stato per trentotto anni, fu memorabile. Giustiniano espanse i confini dell’Impero, riconquistando l’Africa ai Vandali tra il 533 e il 534, l’Italia agli Ostrogoti tra il 535 e il 554 e parte della Spagna meridionale ai Visigoti tra il 551 e il 554. Riformò il diritto romano con quell’opera monumentale che è il Corpus Iuris Civilis. Ricostruì in modo fastoso la Basilica di Santa Sofia, uno dei capolavori architettonici di Costantinopoli. Questi sono i risultati con cui Giustiniano è ricordato dai posteri. Questi risultati, tuttavia, sono solo una faccia della medaglia. I suoi successi furono conquistati ad alto costo, e i gravami imposti alle risorse dello Stato furono cagione del declino e di immani disastri dopo la sua morte. Giustiniano intendeva riportare i confini dell’Impero come erano alla fine del IV secolo, ma ci riuscì solo in parte. Inoltre, nel pianificare tale megalomane progetto, Giustiniano non considerò se l’espansione dell’Impero avrebbe portato alla felicità o a un miglioramento delle condizioni dei suoi sudditi, che avrebbero dovuto sostenere i costi delle sue campagne militari. Le tasse furono innalzate, e i cittadini si trovarono in ingenti difficoltà a pagarle. Le risorse dello stato, inoltre, non erano sufficienti a mantenere le sue conquiste in Occidente e al contempo proteggere il limes orientale dai Persiani e quello danubiano dagli Slavi. Tuttavia non andrebbe trascurato il ruolo svolto dalle frequenti epidemie di peste che flagellarono l’impero a partire dal 542, indebolendolo gravemente: forse, se non fosse stato per queste frequenti epidemie di peste, l’impero avrebbe avuto le risorse sufficienti per sostenere il megalomane piano di Giustiniano.

Le conquiste di Giustiniano.
L’Impero di Giustiniano nel 565 confrontato con l’Impero romano alla fine del IV secolo.

La sua concezione della grandezza dell’Impero era legata indissolubilmente alla sua concezione della grandezza del suo sovrano, e governò in maniera assolutistica e autocratica più di ogni altro suo predecessore, soprattutto nelle sue ingerenze nelle questioni ecclesiastiche. Fu il primo imperatore a dedicarsi così tanto nelle questioni ecclesiastiche al punto di raggiungere le competenze di un teologo di professione. Giustiniano perseguitò sistematicamente e rigorosamente ogni differenza di opinione religiosa, in particolare Eretici, Ebrei, Samaritani, Pagani. Giustiniano, in quanto sovrano assoluto, lasciò ai suoi ministri poca discrezionalità, dando loro precisi ordini, che dovevano essere eseguiti alla perfezione senza essere contestati. Come altri autocrati, era geloso e sospettoso, e pronto ad ascoltare le calunnie contro i suoi servitori più fedeli. Sua moglie, l’imperatrice Teodora, tuttavia, esercitava molta influenza su di lui, al punto che i critici sostenevano che Giustiniano e Teodora reggevano collegialmente l’Impero trascinandolo verso la rovina.

TEODORA

Teodora e il suo seguito.

Non si può certo dire che la consorte di Giustiniano, l’imperatrice Teodora, fosse di nobili origini. Secondo Procopio di Cesarea (che tuttavia le era molto ostile), Teodora era la figlia di Acacio, custode (per conto della fazione dei Verdi) degli animali feroci che si esibivano negli spettacoli pubblici a Costantinopoli. Quando Acacio morì la sua vedova sposò il suo successore, che fu tuttavia licenziato. La donna inviò le tre figlie, Comitone, Teodora e Anastasia a supplicare i Verdi a riassumere il loro patrigno così ingiustamente trattato. I Verdi rifiutarono, mentre gli Azzurri ebbero compassione e assunsero il loro patrigno come loro custode degli orsi, poiché il posto era vacante, e questo episodio della gioventù di Teodora sarebbe la spiegazione della sua implacabile ostilità nei confronti dei Verdi. Quando divennero più grandi, le tre sorelle divennero attrici di teatro e quindi anche prostitute. Procopio riporta aneddoti pornografici sulla carriera di prostituta di Teodora, ma sulla veridicità di tali dettagli si potrebbe a ragione dubitare, vista l’ostilità mostrata da Procopio nei suoi confronti. Ben presto Teodora divenne l’amante del governatore della Pentapoli Libica e si trasferì in quella provincia con lui, ma poi i due si lasciarono e Teodora si trasferì ad Alessandria d’Egitto, dove abbracciò l’eresia monofisita. Tornata a Costantinopoli, sedusse Giustiniano quando non era ancora imperatore. Giustiniano desiderava sposarla, ma l’imperatrice Eufemia si oppose al matrimonio e fu solo dopo la sua morte che i due si poterono sposare. Inoltre vi era l’ostacolo di una legge che impediva alle ex attrici di sposare persone per bene. Giustiniano la fece modificare aggiungendo un’eccezione per le ex attrici pentite, e così poté sposare Teodora, che divenne poi l’imperatrice.

Teodora era molto bella e affascinante. Suoi ritratti sono preservati in avorio, marmo e nei mosaici. Un busto a Milano e due tavolette di avorio la mostrano probabilmente all’età di 30-35 anni. Il mosaico della Basilica di San Vitale a Ravenna (realizzato intorno al 547) la mostra invecchiata, ma ancora somigliante al busto. Teodora non era solo bella ma anche intelliggente e coraggiosa. L’influenza che esercitava sull’imperatore fu riconosciuta pubblicamente in una maniera senza precedenti. In una legge mirante a combattere la corruzione nell’assunzione dei governatori provinciali, l’Imperatore dichiarò che l’aveva scritta coadiuvato da sua moglie Teodora. Si narra inoltre che Teodora ricevesse inviati stranieri elargendo loro doni “come se l’Impero romano fosse sotto il suo governo”. Questi episodi potrebbero indurre a ritenere che Teodora e Giustiniano governassero collegialmente, e vi fu anche chi pensò che Teodora detenesse più autorità del marito. Il potere da lei detenuto, comunque, si basava sulla forte influenza personale esercitata sul marito ma non aveva basi costituzionali. Comunque Teodora possedeva un carattere forte e quando Giustiniano era assolutamente determinato a seguire una linea politica in disaccordo con quella della moglie, ella non si fece scrupoli ad agire indipendentemente. Teodora e Giustiniano litigavano soprattutto nelle questioni ecclesiastiche. Teodora era una devota monofisita e protesse i monofisiti dalle conseguenze penali delle leggi persecutorie promulgate da suo marito. La sua capacità di intraprendere azioni politiche indipendenti era dovuta anche alla sua indipendenza economica garantitole dal marito. Teodora possedeva numerose tenute in Asia Minore e suo marito Giustiniano le fece dono del palazzo di Ormisda.

Teodora usò la propria influenza per radrizzare torti o per aiutare le donne in difficoltà. Per propria iniziativa furono emanate le leggi stringenti volte a fermare il dilagante diffondersi del meretricio. Gli agenti viaggiavano nelle province per comprare al prezzo di poche monete d’oro delle ragazze povere, spesso sotto i dieci anni di età, dai loro genitori indigenti. Le vittime, arrivate nella Capitale vestite di stracci e malnutrite, erano costrette a firmare contratti scritti con i loro infami padroni, ed erano condannate alla prostituzione. L’editto promulgato per volere dell’imperatrice Teodora proibì il traffico di prostitute e ordinò che tutti i prostitutori venissero espulsi da Costantinopoli. I padroni furono in compenso rimborsati del denaro speso per comprare le ragazze dai loro genitori. Teodora fece trasformare un palazzo sulla costa asiatica del Bosforo in un convento, noto come Metanoia o Penitenza, per ricevere quelle sventurate ex prostitute che avevano abbandonato una vita di vergogna.

Teodora era spesso autoritaria nell’interferire nelle vite altrui. Si narra che avesse costretto due sorelle, appartenenti a una antica famiglia senatoriale e rimaste vedove, di sposare contro la loro volontà uomini di basso ceto indegni di loro. I suoi nemici la accusarono di aver sposato la causa di donne ree di aver commesso gravi atti di ingiustizia e danni considerevoli. Donne costrette a divorziare per adulterio solevano rivolgersi all’imperatrice per accusare i loro mariti, e Teodora prendeva sempre le loro parti punendo i loro mariti. Il risultato era che i mariti preferivano sopportare le infedeltà delle mogli piuttosto che correre il rischio di incorrere nell’ira dell’imperatrice. E’ difficile stabilire quanto ci sia di vero in queste accuse, riportate nella Storia Segreta di Procopio di Cesarea, ma in ogni modo illustrano l’infaticabile attività dell’imperatrice nel proteggere le donne.

Teodora sfruttò la sua posizione per assicurare incarichi prestigiosi alle persone sue favorite e mandare in rovina le persone che aveva preso in antipatia. Secondo la Storia Segreta di Procopio, un libello di parte e diffamatorio molto ostile nei confronti di Giustiniano e la sua consorte, Teodora avrebbe inflitto pene crudeli alle persone che l’avevano offesa, rinchiudendoli nelle sue terribili prigioni sotterranee nel palazzo e torturandoli, facendoli sparire per sempre. Qualunque sia la verità su queste voci, è certo comunque che ella fosse temuta.

I costumi di Teodora erano agli antipodi rispetto a quelli del marito. Mentre Giustiniano era parco nel mangiare e nel bere, Teodora era esattamente l’opposto. Mentre Giustiniano dormiva poco, Teodora dormiva a lungo sia durante la notte sia durante il riposino pomeridiano. Ella si svagava per molti mesi all’anno nei palazzi suburbani sulla costa, soprattutto a Herion (sulla costa della Bitinia), palazzo che Giustiniano aveva fatto allargare e ristrutturare. In queste occasioni l’Augusta si portava appresso un immenso seguito di patrizi e ciambellani.

Sotto Giustiniano e Teodora fu introdotta una nuova etichetta di corte. Sotto Giustiniano e Teodora tutte le persone di qualunque rango erano obbligate a prostrarsi alla presenza dell’Imperatore e dell’Imperatrice. I cortigiani furono costretti a rivolgersi ai sovrani con i nomi di “Signore” (Despotes) e “Signora” (Despoina) invece di “Imperatore” (Basileus) e “Imperatrice” (Basilissa) e dovevano dirsi loro schiavi. Chi rifiutava di conformarsi veniva ritenuto reo di un imperdonabile solecismo.

Negli articoli successivi verranno trattati i seguenti argomenti: la guerra iberica contro la Persia; la rivolta di Nika; la guerra vandalica; la guerra gotica; la spedizione nella Spagna meridionale; le ulteriori guerre contro la Persia per il controllo della Lazica; l’invasione di Zabergan; e inoltre la politica interna di Giustiniano e la riforma del diritto.