Il regno di Carlo Magno e lo scontro con Bisanzio

LA POLITICA DI CARLO MAGNO IN ITALIA

Carlo Magno.

Nel 774 il re dei Franchi Carlo Magno, figlio di Pipino il Breve, aveva deposto l’ultimo re longobardo Desiderio ponendo fine all’indipendenza del regno dei Longobardi dal Regno dei Franchi. Carlo Magno assunse il titolo di Re dei Franchi e dei Longobardi (“Rex Francorum et Langobardorum”), titolo attestato per la prima volta in un diploma a favore dell’abbazia di Bobbio datato 5 giugno 774. Dopo aver trascorso i mesi di giugno e luglio 774 a Pavia per riorganizzare amministrativamente i territori italiani di nuova annessione, ritornò in Francia. In seguito alla sua partenza si sollevarono dissensi per il nuovo regime. L’arcivescovo di Ravenna, che bramava estendere la sua dominazione nei territori dell’ex esarcato bizantino, entrò in conflitto con Papa Adriano, forte delle donazioni di territori fattegli da Pipino il breve e dallo stesso Carlo Magno. In una lettera a Carlo, Papa Adriano si lamentò dell’imbellità dei funzionari franchi, arrivando ad affermare di rimpiangere i tempi dei re longobardi. Anche nelle regioni della Langobardia Maior si sollevarono voci di dissenso contro il nuovo regime franco, e correvano voci che il figlio di Desiderio, Arechi, rifugiatosi a Bisanzio, stesse progettando con l’appoggio bizantino una spedizione di riconquista del regno longobardo. Le rivolte dei duchi del Friuli, di Benevento e di Chiusi costrinsero Carlo Magno a scendere in Italia nel 776. Sconfitto il duca del Friuli ribelle, punì con esecuzioni, esili, incarcerazioni e confische di bene i coinvolti nella cospirazione. Per prevenire ulteriori rivolte destituì delle loro cariche i funzionari longobardi sostituendoli con franchi di assoluta fiducia, e lasciando in diverse città guarnigioni franche.

Il re franco tornò in Italia alla fine del 780, per far consacrare dal pontefice i figli Carlomanno e Ludovico, cerimonia che ebbe luogo il 15 aprile 781, giorno di Pasqua. A Pipino fu assegnato il regno d’Italia, a Ludovico quello di Aquitania. Papa Adriano si lamentò del comportamento del principe di Benevento Arechi, che aveva rifiutato la sottomissione ai Franchi e intendeva conquistare la Campania a danni degli interessi papali. Carlo Magno, tuttavia, per il momento, decise di non intervenire e nel maggio 781 ritornò di nuovo in Francia. Solo nel 787 Carlo Magno decise di scendere in Campania per intervenire contro Arechi. Le trattative avviate da Arechi per rabbonire il re franco fallirono, e il re franco invase il territorio beneventano, costringendo Arechi a venire a patti e a giurare fedeltà a Carlo Magno. Molte terre del beneventano e della Tuscia furono donate da Carlo Magno al Papato. Il successore di Arechi Grimoaldo infranse il trattato e una spedizione punitiva fallì. Solo nell’812 il principe di Benevento riconobbe la supremazia franca in maniera meramente formale.

RAPPORTI INIZIALI CON BISANZIO

Nel frattempo si ebbe un riavvicinamento tra i Franchi e la corte bizantina con il fidanzamento tra la principessa franca Rotrude, figlia di Carlo Magno, e l’Imperatore d’Oriente Costantino VI (posto sotto la reggenza della madre Irene a causa della sua minore età). Nel 787, tuttavia, il fidanzamento fu rotto, e i rapporti tornarono ostili. Bisanzio decise di allestire una spedizione in Italia per restaurare il regno longobardo sotto il governo di Adelchi, il figlio di Desiderio che si era rifugiato a Costantinopoli. La spedizione era condotta dal saccellario e logoteta Giovanni e fu rinforzata dall’esercito di stanza in Sicilia condotto dallo strategos Teodoro. Tuttavia il principe di Benevento, Grimoaldo I, pur essendo il nipote di Adelchi, si mantenne fedele a Carlo Magno e, con l’aiuto dei rinforzi ricevuti dai Franchi e dal duca di Spoleto, respinse militarmente gli invasori, facendo così fallire la spedizione che avrebbe potuto ripristinare il regno longobardo.

ESPANSIONE DEL REGNO DEI FRANCHI

L’Impero dei Franchi dopo le conquiste di Carlo Magno.

Nel corso del suo lungo regno Carlo Magno espanse il suo regno non solo in Italia ma anche in Spagna, Francia, Germania e nei Balcani. Nel corso delle spedizioni intraprese contro i Musulmani di Spagna riuscì a sottomettere quella parte settentrionale della penisola iberica compresa tra i Pirenei e l’Ebro, nonché le Isole Baleari. I territori sottomessi costituirono la Marca Spagnola con capoluogo Barcellona. Condusse anche una serie di guerre contro i Sassoni, durate nel complesso un trentennio, nel quale sottomise tutti i territori sassoni compresi tra il Mare del Nord e l’Assia e l’Elba, nonché la regione sulla destra dell’estuario dell’Elba. Sottomise definitivamente i Bretoni e i Bavari, nonché il regno degli Avari.

L’INCORONAZIONE A IMPERATORE DEI ROMANI

Carlo Magno cominciò ad atteggiarsi a vero e solo capo della cristianità (princeps populi christiani), titolo che in teoria era diritto esclusivo dell’Imperatore d’Oriente. Nel 799 Papa Leone III, che nel 795 era succeduto a Papa Adriano I, fu deposto in una congiura. Carlo Magno intervenne in suo favore nell’anno 800, scendendo in Italia e restaurandolo al soglio pontificio, condannando i congiurati all’esilio in Francia. Il giorno di natale dell’anno 800 Papa Leone III si inginocchiò davanti al trono di Carlo Magno secondo la procedura di adorazione prevista dall’antico cerimoniale di incoronazione degli imperatori romani, poi procedette a incoronarlo Imperatore dei Romani, mentre i presenti ripeterono tre volte la seguente acclamazione rituale “A Carlo Augusto, coronato da Dio, grande e pacifico imperatore, vita e vittoria”.

La titolatura assunta da Carlo Magno dopo l’incoronazione a imperatore romano era la seguente: In nomine Patris et Filii et Spiritus SanctiKarolus serenissimus augustus a Deo coronatus magnus pacificus imperator Romanum gubernans imperiumqui et per misericordiam Deirex Francorum et Langobardorum (“Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, Carlo serenissimo Augusto incoronato da Dio grande pacifico imperatore al governo dell’Impero dei Romani, per misericordia di Dio, re dei Franchi e dei Longobardi”). Le monete di Carlo Magno presentano la scritta dommus Karolus imperator augustus rex Francorum et Langobardorum (“signore Carlo imperatore augusto re dei Franchi e dei Longobardi”). La contorta espressione “Imperator Romanorum gubernans imperium” fu probabilmente adottata in luogo della più lineare “Imperator Romanorum” al fine di non urtare eccessivamente l’Imperatore d’Oriente. L’incoronazione di Carlo Magno a Imperatore fu, infatti, considerato alla stregua di un’usurpazione dall’Impero d’Oriente, che riteneva di essere l’unico impero romano legittimo. Secondo il punto di vista degli europei occidentali, invece, i sedicenti “Romani” dell’Impero d’Oriente avevano cessato di essere Romani ed erano diventati Greci da quando avevano spostato la capitale da Roma a Costantinopoli e avevano dimenticato la lingua e i costumi latini sostituendoli con quelli greci, cadendo inoltre nell’eresia (ad esempio monotelismo o iconoclastia). Inoltre Papa Leone III giustificò il colpo di mano (l’incoronazione di Carlo Magno) con l’opinione che il titolo di imperatore romano era da considerare vacante perché usurpato da una donna (Irene). L’incoronazione di Carlo Magno a imperatore fu inoltre una diretta conseguenza del fatto che i Franchi si erano ormai sostituiti ai Bizantini nel ruolo di protettori del Papato.

TRATTATIVE CON BISANZIO

Nel tentativo di risolvere il problema che ora vi fossero due imperatori, Carlo Magno propose all’Imperatrice d’Oriente Irene di sposarlo, in modo da unificare l’Impero. Nell’802, mentre le trattative erano in corso, tuttavia, l’Imperatrice Irene fu deposta in seguito a un colpo di stato, che pose sul trono bizantino il logoteta (funzionario fiscale) Niceforo. Nell’803 il nuovo imperatore inviò degli ambasciatori alla corte di Carlo Magno per continuare le trattative ma rifiutò le condizioni proposte dall’imperatore franco. Nel frattempo i due imperi cominciarono a litigare per il controllo del ducato di Venezia, formalmente facente parte dell’Impero d’Oriente, seppur semiautonomo. Nell’802 il duca di Venezia Giovanni, filobizantino, aveva inviato suo figlio con una flotta a Grado per uccidere il patriarca locale Giovanni, reo di essere filofranco, riuscendo nell’intento, anche se ciò non diede i risultati sperati. Difatti il nuovo patriarca di Grado, Fortunato, era anch’egli filofranco e rifiutò di scendere a compromessi. Nell’803 Fortunato abbandonò Grado per rifugiarsi presso la corte di Carlo Magno, a cui chiese aiuto. Nel frattempo il partito filofranco fuggì anch’esso da Grado e si riunì a Treviso, dove elesse come nuovo duca Obelerio. Nell’804 il duca filobizantino fu costretto alla fuga e Obelerio, entrando a Venezia, ne prese il posto come duca, associando al governo il fratello Beato. Nel natale dell’805 Obelerio si recò con un seguito ad Aquisgrana per rendere omaggio a Carlo Magno e per ottenere il riconoscimento del loro dominio (natale 805). L’anno successivo Venezia passò nell’orbita franca, venendo assegnata al re d’Italia Pipino, figlio di Carlo Magno. Nel frattempo i Venetici, con l’appoggio dei Franchi, avevano sottratto ai Bizantini il possesso della Dalmazia. L’Imperatore d’Oriente Niceforo I reagì inviando una flotta condotta da Niceta in Dalmazia, che fu rapidamente riconquistata. La mossa successiva di Niceta fu di effettuare una sosta a Venezia, dove ricondusse Obelerio all’obbedienza (per rafforzare i suoi vincoli all’Impero Obelerio ricevette peraltro un titolo nobiliare) e firmò una tregua di un anno con i Franchi.

Nell’808 un nuovo generale imperiale, Paolo stratego di Cefalonia, si recò a Venezia, sembrerebbe per continuare le trattative con i Franchi. Fu costretto, tuttavia, a partire subito dopo, forse a causa di presunte insidie ordite ai suoi danni dai duchi Obelerio e Beato, secondo almeno alcune fonti. Nell’809 Venezia fu invasa dal re d’Italia Pipino. L’esito dell’invasione non è chiaro: le fonti filo-franche riferiscono la sottomissione franca della Venezia, mentre le fonti venetiche sostengono che l’invasione sarebbe fallita grazie alla strenua resistenza dei Venetici; comunque sia i Venetici furono costretti a pagare un tributo, segno di un successo almeno parziale dell’invasione franca. Nell’810 ripresero le trattative di pace: Niceforo I inviò ad Aquisgrana lo spatario Arsafio che negoziò una tregua con Carlo; nell’811 Arsafio ritornò a Costantinopoli, con alcuni inviati di Carlo, per la ratifica da parte dell’Imperatore del trattato concluso con Carlo; durante il viaggio effettuò una sosta a Venezia nel corso della quale dichiarò deposti i duchi filo-franchi Obelerio e il fratello Beato (associato al potere), sostituendoli con il duca filo-bizantino Partecipazio; Obelerio tentò la fuga ma i Franchi lo catturarono e lo consegnarono ai Bizantini, che lo deportarono in esilio a Costantinopoli.

Nel frattempo, però, Niceforo era deceduto nella disastrosa disfatta di Pliska patita contro i Bulgari condotti dal Khan Krum. Il nuovo imperatore d’Oriente Michele I si affrettò a concludere la pace con i Franchi, anche perché i Bizantini avevano la necessità di pacificare il fronte occidentale per poter concentrare le loro forze nella difesa di Costantinopoli dai Bulgari, diventati una minaccia molto temibile dopo la disfatta di Niceforo. Con il trattato di Aquisgrana, firmato nell’812, i due imperatori riconoscevano la reciproca esistenza, i reciproci diritti e aree di influenza; in più Michele I riconobbe Carlo Magno con il titolo d’imperatore (ma non il titolo di Imperatore dei Romani). Grazie a questo trattato l’impero bizantino riottenne la Venezia marittima, ma riconobbe le pretese dei Franchi sull’Istria e sulla Dalmazia (tranne le città costiere). Il trattato di pace venne ratificato nell’815 dagli Imperatori Leone V (che aveva rovesciato nel frattempo Michele) e Ludovico il Pio, quest’ultimo riconosciuto con la ratifica come imperatore. Comunque sia l’indebolimento dei Carolingi, con la successiva disgregazione del loro impero, unito al contemporaneo rafforzamento dell’Impero bizantino, permise successivamente agli imperatori d’Oriente di disconoscere il trattato dell’812 come se non fosse mai avvenuto.

LA SUCCESSIONE

Secondo quanto era stabilito nella dieta dell’806, l’Italia, la Baviera e l’Alemannia a sud del Danubio spettarono a Pipino; la Borgogna, l’Aquitania e la Guascogna spettarono a Ludovico; la Francia austrasica e neustrica, parte della Borgogna, la Frisia, la Sassonia e la Turingia spettarono a Carlo. In seguito alle morti di Pipino e di Carlo, Carlo Magno nella dieta dell’813 nominò suo successore l’unico figlio rimasto, Ludovico. Alla sua morte, avvenuta nell’814, gli succedette il figlio Ludovico I il Pio.