Il regno di Teodorico

L’INSEDIAMENTO DEGLI OSTROGOTI E IL GOVERNO DI TEODORICO

Teodorico regnò in Italia per trentasei anni, continuando la politica di Odoacre. Per prima cosa, si dovette risolvere il problema dell’insediamento del suo popolo in Italia, con la concessione agli Ostrogoti di un terzo delle terre della Penisola in base alla hospitalitas. La commissione che si occupò della divisione delle terre fu condotta dal senatore Liberio, che fece il possibile per risparmiare i possedimenti senatoriali. In effetti gli Ostrogoti si impadronirono soprattutto dei terreni già occupati dai Barbari di Odoacre, i quali furono per lo più uccisi o messi in fuga, anche se ad alcuni che si erano sottomessi fu concesso di mantenere le loro terre.

Nei primi anni di regno Teodorico aveva affidato le cariche civili più importanti a membri del senato romano (spesso già collaboratori di Odoacre). Successivamente, nel tentativo di diminuire l’influenza senatoriale, evitò per quanto possibile di assegnare alte cariche a senatori, facendo ricorso al circolo di altri ministri di origine provinciale che aveva raccolto a Ravenna e che erano devoti ai suoi interessi. Ad essi furono affidati gli uffici finanziari e le cariche di magister officiorum e di quaestor.

Palazzo di Teodorico a Ravenna, mosaico nella basilica di Sant’Apollinare Nuovo

Teodorico scelse Ravenna come sua capitale. Mentre gli ultimi imperatori d’Occidente e lo stesso Odoacre avevano risieduto nel palazzo del Lauretum, Teodorico costruì un nuovo palazzo, il cosiddetto palazzo di Teodorico, in un’altra parte della città, ed eresse dietro ad esso una nuova chiesa in onore di San Martino, venerato dai suoi Goti di fede ariana. Del palazzo rimane solo un muro, ma la Chiesa è sopravvissuta allo scorrere del tempo ed è ora nota come Chiesa di Sant’Apollinare Nuovo. Teodorico costruì a Ravenna anche il proprio mausoleo.

Per sei anni il nuovo imperatore Anastasio, succeduto a Zenone nel 491, si mostrò titubante a riconoscere il governo di Teodorico in suo nome come legittimo, ma Teodorico nel frattempo fece attenzione a non fare passi falsi che avrebbero potuto compromettere il riconoscimento da Costantinopoli. Nel 497, infine, Anastasio riconobbe Teodorico come patrizio e magister militum praesentalis, nominandolo di fatto “viceré” e governatore d’Italia. L’Italia rimase formalmente parte dell’Impero, anche se solo indirettamente, e Teodorico aveva alcune limitazioni al suo potere, dovute al fatto che governava i suoi sudditi romani come alto funzionario dell’Imperatore di Costantinopoli ma non come loro re. Teodorico era re soltanto dei suoi sudditi Ostrogoti. Essendo soltanto un alto funzionario dell’Imperatore, si limitò a promulgare edicta (editti) in luogo di leges (leggi), in quanto le leggi potevano essere promulgate soltanto dagli imperatori, al contrario degli editti che potevano essere emanati anche da alti funzionari. Questo costituiva una limitazione al suo potere in quanto gli edicta non potevano contraddire leges preesistenti. In effetti, durante la sua prima visita a Roma, Teodorico rassicurò il popolo che avrebbe mantenuto inviolate tutte le leggi promulgate in passato dagli imperatori. Gli Ostrogoti non erano cittadini romani e in quanto tali le leggi valide esclusivamente ai cittadini romani, come quelle relative al matrimonio o all’eredità, non erano valide per essi. Le leggi facenti parte dello ius commune invece erano valide anche per i cittadini non romani. Non è un caso che l’editto di Teodorico, promulgato nel 512, faceva parte dello ius commune, essendo indirizzato sia ai Romani che agli Ostrogoti.  L’editto di Teodorico era volto a porre fine alle illegalità e agli atti di violenza che avvenivano nelle province tra Romani e Goti.

A partire dal 498 a Teodorico fu concesso di nominare il console occidentale, a condizione che fosse un romano e non un ostrogoto. Nel 519, invero, un ostrogoto, Eutarico, genero di Teodorico, detenne il consolato, ma in questo caso la nomina venne dall’Imperatore Giustino I, come favore al re ostrogoto, insomma fu la classica eccezione alla regola. L’esclusione degli Ostrogoti dal consolato si estendeva anche alle altre cariche civili (magister officiorum, praefectus urbi, prefetto del pretorio, vicarii, governatori provinciali, senatori), riservate esclusivamente a cittadini romani. Teodorico non poteva aggirare la regola, conferendo la cittadinanza romana ai suoi Ostrogoti, in quanto soltanto l’Imperatore poteva farlo. Al contrario l’esercito di Teodorico era costituito esclusivamente da Ostrogoti, e da esso erano esclusi i Romani. Insomma si decise di affidare le cariche civili esclusivamente ai Romani e le cariche militari esclusivamente agli Ostrogoti.

Poiché il diritto romano stabiliva che i soldati dovessero essere processati da corti militari, gli Ostrogoti accusati di qualche crimine, in qualità di soldati, erano processati da corti militari. Teodorico, tuttavia, stabilì che tutti i processi misti in cui le parti in causa erano un romano e un goto dovessero essere giudicati dalle corti militari istituite all’uopo per i Goti. Per garantire un minimo di imparzialità era sempre presente un avvocato romano in qualità di assessor, ma queste corti militari probabilmente tendevano a favorire i Goti. Inoltre lo stesso Teodorico disponeva di una corte regale suprema, che poteva annullare le sentenze di una corte inferiore, e che sembrerebbe essere stata più attiva della corte corrispondente dell’Imperatore. Si può concludere che mediante l’amministrazione della giustizia i Goti poterono controbilanciare i limiti in ambito legislativo.

Teodorico non era soltanto magister militum dell’imperatore di Costantinopoli, ma anche re degli Ostrogoti. Tuttavia, invece di definirsi rex Gothorum, preferì adottare quello di rex, non solo perché alcuni barbari di stirpe non gotica, come i superstiti dell’armata di Odoacre o i Rugi, riconoscevano la sua sovranità, ma anche perché di fatto era sovrano anche dei suoi sudditi romani (anche se de jure i romani sotto il suo dominio erano sudditi dell’Imperatore di Costantinopoli e Teodorico li governava solo in qualità di alto funzionario di Costantinopoli).

Teodorico non fece nessun tentativo prematuro di riavvicinare Romani e Goti e fonderli in un’unica popolazione, ma li mantenne separati quasi come formassero due caste. Romani e Goti erano divisi dalla religione (i Romani erano cristiani calcedoniani, i Goti ariani) e dallo status legale. Tuttavia Teodorico fu tollerante dal punto di vista religioso, a differenza dei sovrani vandali e di quelli franchi, ritenendo che non fosse giusto costringere qualcuno a credere contro la sua volontà. Si narra che condannò a morte un diacono cattolico in quanto reo di essersi convertito all’arianesimo al solo fine di ingraziarselo. Teodorico si era prefissato il difficile obbiettivo di essere imparziale e di non discriminare alcuno dei due popoli sotto il suo governo. Teodorico non mirava alla fusione dei due popoli, voleva soltanto che vivessero d’amore e d’accordo anche se non ebbe molto successo in ciò (i rudi Ostrogoti disprezzavano i civilizzati Romani). Infatti, dopo la sua morte, la frangia ostrogota anti-romana, contraria alla politica filo-romana di Teodorico, prese il potere e cominciò il declino del regno. Dopo la morte di Teodorico, prima che il processo di fusione potesse cominciare, il regno ostrogoto crollò invaso dall’Impero d’Oriente, ma il caso della Spagna visigota prova che, se il regno ostrogoto fosse durato più a lungo, la fusione tra i due popoli avrebbe potuto essere possibile.

Teodorico, pur essendo stato educato a Costantinopoli e pur ammirando sinceramente le civiltà greca e romana, era analfabeta. Si narra che non riusciva nemmeno a scrivere il proprio nome. Nonostante ciò, incoraggiò la fioritura della letteratura. Sotto il suo regno scrissero lo storico e letterato Cassiodoro e il filosofo Boezio. Cassiodoro scrisse un Chronicon e una Storia dei Goti, entrambe con il proposito di celebrare la grandezza dei Goti e in particolare della dinastia degli Amali, a cui lo stesso Teodorico apparteneva. Purtroppo la Storia dei Goti si è perduta, ma Giordane la riassunse nella sua Getica, pur attingendo anche da altre fonti. Si nota in Cassiodoro la tendenza a manipolare avvenimenti storici a tutto vantaggio dei Goti: ad esempio la battaglia di Pollenzo, vinta dai Romani (anche se solo di misura), secondo Cassiodoro sarebbe stata vinta dai Goti di Alarico. Le origini dei Goti vengono poi manipolate con congetture fantasiose, come la supposizione che i Goti sarebbero i discendenti dei Geti, in modo da nobilitare il loro passato. Boezio (successivamente vittima dello stesso Teodorico) scrisse una delle ultime opere di rilievo della filosofia latina tardo-antica, De consolatione philosophiae.

Nella primavera del 507 Ennodio, uno degli alti dignitari della Chiesa italica, recitò il suo panegirico in onore di re Teodorico. I panegiristi decantarono la pace e la prosperità goduta dall’Italia sotto il regno di Teodorico e il suo buon governo. Persino lo storico di lingua greca Procopio di Cesarea (che era dalla parte del nemico, essendo romano-orientale) lodò Teodorico per il suo buon governo e per l’amministrazione della giustizia, attestando la profonda devozione dei sudditi nei confronti del loro sovrano.

RELAZIONI CON COSTANTINOPOLI E CON GLI ALTRI REGNI ROMANO-BARBARICI: ALLEANZE DINASTICHE E CONFLITTI

Teodorico era intenzionato a mantenere relazioni pacifiche con l’Imperatore Anastasio, anche se non mancarono punti di rottura. Nel 504-505 Teodorico sferrò una campagna militare contro i Gepidi al fine di conquistare Sirmio e la Pannonia, ma così facendo si inimicò l’Imperatore di Costantinopoli. All’epoca le province dell’Illirico orientale erano devastate da una banda di briganti condotti da un unno di nome Mundo. Quando Anastasio inviò contro i devastatori un esercito condotto dal magister militum Sabiniano e rinforzato da alleati Bulgari, Mundo chiese aiuto al generale ostrogoto Pitzias, che stava completando l’occupazione dei territori sottratti ai Gepidi. Pitzias, sospettando probabilmente che l’esercito di Sabiniano intendeva in realtà impedire agli Ostrogoti di occupare Sirmio, condusse il suo esercito a invadere l’Impero d’Oriente, conseguendo una vittoria decisiva sui Bulgari, mentre Mundo infliggeva una grave sconfitta a Sabiniano nei pressi di Horrea Margi. Dopo la sconfitta di Sabiniano, non vi furono ulteriori ostilità e la prefettura d’Italia fu ristabilita ai suoi antichi confini. Nel 507 Teodorico insediò parte degli Alemanni in Pannonia, forse nella Savia.

Per quanto riguarda le relazioni con gli altri regni romano-barbarici, Teodorico tentò di formare alleanze matrimoniali con essi. Una delle sue figlie fu data in sposa al re visigoto Alarico II, l’altra sposò il futuro re burgundo Sigismundo. Teodorico inoltre si sposò per la seconda volta con una principessa franca, mentre sua sorella sposò il re dei Vandali Trasamundo. Con queste alleanze matrimoniali Teodorico intendeva mantenere lo status quo, preservare la pace nell’Europa Occidentale e prevenire un attacco contro l’Italia. Con questa rete di alleanze Teodorico si assicurava anche aiuti militari nel caso di un’invasione a opera dell’esercito di Costantinopoli, caso mai l’Imperatore intendesse riportare l’Italia sotto il suo diretto dominio, non accontentandosi di quello indiretto.

Se le alleanze dinastiche di Teodorico avevano il proposito di garantire la pace tra i regni romano-barbarici, non sempre riuscirono nel loro intento. Infatti non riuscirono a impedire lo scoppio della guerra tra Visigoti e Franchi per il possesso della Gallia meridionale. Quando il re franco Clodoveo dichiarò guerra al re visigoto Alarico II, Teodorico fece il possibile per evitare il conflitto scrivendo ad Alarico II, a Gundobado (re dei Burgundi) e a Clodoveo, ma invano. Teodorico promise allora aiuti militari al genero Alarico II, ma per qualche ragione tardò a mantenere la promessa. Nel frattempo Clodoveo, atteggiandosi a campione dell’ortodossia cattolica e dichiarando con quella guerra di voler cacciare gli eretici ariani (i Visigoti erano appunto ariani) dalla Gallia, ottenne l’appoggio sia della Chiesa romano-gallica che dall’Imperatore Anastasio (che gli conferì addirittura il consolato onorario).  Nel 507, nei pressi di Poitiers, i Visigoti subirono una disfatta in battaglia contro i Franchi: lo stesso Alarico II cadde in battaglia, che ebbe come conseguenza l’annessione della Gallia Aquitania al Regno dei Franchi. A questo punto intervenne militarmente Teodorico inviando un esercito ostrogoto in sostegno dei Visigoti. I generali di Teodorico riuscirono negli anni successivi a respingere i Franchi dalla Gallia Narbonense (che rimase così ai Visigoti), sottraendo inoltre ai Burgundi la Provenza, che fu annessa al regno ostrogoto. L’intervento di Teodorico in Gallia in favore dei Visigoti suscitò l’ostilità dell’Imperatore Anastasio, schierato con i Franchi: nel 508 Anastasio per rappresaglia inviò una flotta a devastare le coste dell’Apulia. Il potere e il prestigio di Teodorico ebbe un ulteriore impennata quando, nel 510,  fu nominato reggente del regno visigoto a nome di Amalarico, il figlio del genero Alarico II (Teodorico era dunque il nonno di Amalarico). Per il resto della sua vita dunque Teodorico regnò sia sul regno ostrogoto che su quello visigoto, con il risultato che buona parte dell’Impero romano d’Occidente era sotto il suo dominio: si trattava della Spagna, della Narbonense e della Provenza, nonché dell’Italia e della Sicilia, delle due province di Rezia, di parte della Pannonia e della Dalmazia.

L’alleanza dinastica con i Burgundi allo stesso modo non evitò conflitti con essi. Teodorico era allarmato che il suo genero Sigismundo, nominato re dei Burgundi nel 516, avesse ottimi rapporti con Costantinopoli, e lo scontro tra le due corti è testimoniato dal fatto che il re burgundo nel 519 non riconobbe il consolato di Eutarico. Le incomprensioni si tramutarono in conflitto aperto allorquando Sigismundo fece uccidere suo figlio ed erede al trono, Sigerico (di cui Teodorico era il nonno).  I Franchi attaccarono il regno Burgundo, catturarono Sigismundo e la sua famiglia e sottomisero parte del regno. Nel frattempo (nel 523) un’armata ostrogota annesse il distretto tra l’Isère e il Durance al regno ostrogoto.

QUESTIONI ECCLESIASTICHE E SOSPETTI DI TRADIMENTO

Le relazioni ecclesiastiche tra Roma e Costantinopoli ebbero una certa importanza nella politica di Teodorico. L’Henotikon, editto in materia religiosa dell’imperatore Zenone, aveva cagionato uno scisma in quanto Roma non l’aveva accettato, e lo stesso senato era diviso sulla questione: alcuni senatori erano intransingenti nel condannarlo, altri invece erano favorevoli a una negoziazione con l’imperatore per cercare un compromesso. Nel 497 il senatore Festo, inviato in ambasceria a Costantinopoli, assicurò all’imperatore Anastasio che sarebbe riuscito a indurre Papa Anastasio a firmare l’Henotikon, ma al suo ritorno in Italia il Papa era già morto. L’elezione del suo successore fu problematica. Il 22 novembre 498, non essendosi raggiunto l’accordo, furono eletti due papi nello stesso giorno: la fazione favorevole al compromesso e alla riappacificazione con Costantinopoli (alla quale lo stesso Festo apparteneva) elesse come pontefice Laurenzio, mentre la fazione intransingente elesse papa Simmaco. Poiché i tumulti tra le fazioni turbavano l’ordine pubblico, fu rivolto un appello a Teodorico affinché decidesse tra i due pretendenti al soglio pontificio, e questi nel 499 deliberò in favore di Simmaco.

Tuttavia la condotta di Simmaco gli alienò il favore di Teodorico che, pur riconoscendolo come legittimo vescovo di Roma, non prese provvedimenti per destituire Laurenzio, che continuò a rivendicare il titolo di Papa per qualche anno ancora. I conflitti con Costantinopoli per il possesso di Sirmio cambiarono la situazione, in quanto i seguaci di Laurenzio erano favorevoli a mantenere stretti rapporti con Costantinopoli. Teodorico, invece, con Costantinopoli era in quel momento in conflitto, ragion per cui costrinse Laurenzio al ritiro verso la fine del 506.

Teodorico approfittò del fatto che Chiesa e Senato fossero uniti nella condanna dell’Oriente romano per la questione religiosa dell’Henotikon per liberarsi da ogni influenza da Bisanzio. Nel frattempo, però, gli italici espulsi dall’Italia da Teodorico furono accolti con favore dalla corte di Costantinopoli. Questi esuli mantennero una corrispondenza frequente con i loro amici a Roma, cosa che ben presto avrebbe insospettito i Goti.

La morte dell’imperatore Anastasio, succeduto da Giustino I (zio del futuro imperatore Giustiniano), cambiò le carte in tavola. Il nuovo imperatore riuscì a sanare lo scisma religioso di Roma con l’Oriente. Questo portò a un riavvicinamento del senato romano alla corte di Costantinopoli, cosa che indusse Teodorico a sospettare del tradimento di diversi senatori. Teodorico aveva infatti il timore che Costantinopoli mirasse ad acquisire il controllo diretto dell’Italia, e non gradiva gli stretti legami con Costantinopoli di alcuni senatori. Per celebrare la riunione tra le due Chiese, Giustino I rinunciò a designare il console orientale per l’anno 522, concedendo a Teodorico il diritto di nominare per quel solo anno entrambi i consoli. Alcuni anni prima, tra il 518 e il 519, Teodorico designò il genero Eutarico come suo successore, e raggiunse l’accordo con Costantinopoli affinché, alla sua morte, Eutarico fosse riconosciuto come patrizio, magister militum e “viceré” dell’Italia, insomma come alto funzionario di Costantinopoli nominalmente soggetto all’imperatore. Per celebrare l’accordo, Giustino I nominò Eutarico console per l’anno 519. Di Eutarico è noto che fosse un nazionalista e un ariano fanatico, e che era sospettoso delle intenzioni dell’imperatore e della fedeltà del senato romano. Eutarico morì nel 522 ma probabilmente fece in tempo a diffondere questi sospetti nei circoli goti, parlandone probabilmente anche con il suocero e sovrano, Teodorico. A peggiorare la situazione furono gli editti persecutori contro gli Ariani promulgati da Giustino I in quello stesso periodo. L’editto imperiale contro gli Ariani, dalla datazione incerta, li escludeva dalle cariche pubbliche e dal servizio militare, chiudendo inoltre le loro Chiese. L’editto allarmò l’ariano Teodorico, che, oltre ad essere adirato per la persecuzione dei suoi correligionari nell’Oriente romano, temeva che l’editto potesse incoraggiare gli Italici a rivoltarsi contro gli ariani Ostrogoti. La persecuzione degli Ariani in Oriente suscitò nei Goti una profonda rabbia nonché una crescente sfiducia nel senato, sospettato di tramare ai danni dei Goti in combutta con Costantinopoli. Del resto, diversi senatori avevano rivestito un ruolo importante nel sanare lo scisma religioso. Come se non bastasse, Papa Ormisda, che godeva della fiducia di Teodorico, morì nell’agosto 523, e il suo successore Giovanni I fu presto sospettato di simpatie costantinopolitane.

Boezio in prigione.

Fu in questo clima di sospetti che nel 523 il magister officiorum Boezio, illustre filosofo, fu accusato di tradimento. Un ufficiale goto intercettò e si impadronì di lettere inviate da alcuni senatori romani all’imperatore Giustino I. Alcuni passaggi delle lettere intercettate sembravano suggerire intenzioni proditorie da parte dei senatori, e la posizione del patrizio Fausto Albino junior risultò particolarmente compromessa, venendo incriminato di alto tradimento. Il magister officiorum Boezio, che faceva parte del tribunale che giudicava i casi di alto tradimento (il cosiddetto Consistorium), prese la parola in difesa di Albino, profferendo le seguenti parole: “l’intero Senato, me compreso, è responsabile; non ci può essere alcuna azione contro Albino in quanto individuo”. Queste parole rappresentarono la sua rovina, in quanto lo resero sospetto di tradimento. Boezio fu arrestato e destituito, venendo sostituito da Cassiodoro. Boezio e Albino furono detenuti in prigione a Ticinum (odierna Pavia) a partire dalla fine del 523. In prigione Boezio scrisse il suo capolavoro, De consolatione philosophiae, mentre aspettava la sentenza e la condanna. Nel frattempo Teodorico convocò il prefetto di Roma che con il sovrano proseguì le indagini. Boezio fu proclamato colpevole e condannato a morte, mentre nulla si sa della sorte di Albino. L’esecuzione di Boezio avvenne nel 524. Mentre il processo di Boezio era ancora in corso, i senatori erano molto allarmati per le loro sorti e procedettero a discolparsi a vicenda, ripudiando Boezio e Albino. Solo il caput senatus Simmaco, suocero di Boezio, prese le difese dei due senatori incriminati di tradimento e pagò ciò con la vita: accusato a sua volta di tradimento e di complicità con i traditori, fu arrestato, portato a Ravenna, e giustiziato.

Nel frattempo Teodorico, informato delle persecuzioni degli Ariani nell’Oriente romano stabilite dall’imperatore Giustino I, decise di prendere le difese dei suoi correligionari nell’Oriente, inviando in ambasceria Papa Giovanni I a Costantinopoli affinché convincesse Giustino I a porre fine alle persecuzioni, pena rappresaglie ai danni dei Cattolici Italici. Il pontefice, accompagnato da alcuni senatori prominenti, giunse a Costantinopoli nell’autunno del 525, ricevuto con alti onori, e vi rimase per circa cinque mesi, celebrando il Natale e la Pasqua a Santa Sofia. Giustino I cedette in parte alle richieste di Teodorico, riaprendo le chiese ariane e permettendo di nuovo loro di accedere alle cariche pubbliche e nell’esercito. Tuttavia rifiutò di concedere agli Ariani che nel frattempo si erano convertiti al Cattolicesimo di riconvertirsi alla loro antica fede. Quando l’ambasceria fece ritorno a Ravenna a metà maggio del 526, essa fu arrestata e detenuta in prigione. Papa Giovanni morì alcuni giorni dopo (18 maggio 526) e fu da allora considerato un martire. Il suo successore, Felice IV, eletto il 12 luglio 526, era filo-goto e la sua elezione fu accolta con favore da Teodorico, come può essere intuito da una lettera inviata dal sovrano ostrogoto ai membri del Senato romano.

MORTI DI AMALAFRIDA E DI TEODORICO

L’Europa nel 526.

Nel frattempo la sorella di Teodorico, Amalafrida, fino a quel momento regina dei Vandali, era rimasta vedova del re vandalo Trasamundo. Il successore di Trasamundo, Ilderico, si avvicinò a Costantinopoli raffreddando i rapporti con Ravenna. Il punto di rottura accadde allorquando Ilderico accusò l’ex regina dei Vandali Amalafrida di cospirazione ai suoi danni e di alto tradimento, e la condannò al carcere. Amalafrida morì qualche tempo dopo in prigione, si narra di morte naturale, ma si potrebbe sospettare la sua uccisione. Tutti i Goti che costituivano il suo seguito furono trucidati. Teodorico rimase scosso delle sorti della sorella ma, prima che potesse agire per vendicarla, si ammalò di dissenteria e morì il 30 agosto 526. Prima di morire confermò Atalarico (di cui era il nonno) come suo successore, sotto la reggenza della madre Amalasunta (figlia di Teodorico e vedova di Eutarico), e raccomandò il suo entourage di mantenersi in buoni rapporti con il Senato e il Popolo Romano, e di serbare sempre rispetto nei confronti dell’Imperatore.