Le riforme amministrative di Giustiniano

PROVVEDIMENTI PER COMBATTERE GLI ABUSI

L’imperatore Giustiniano I con il suo seguito, Ravenna, Basilica di San Vitale.

Sotto il mandato del prefetto del pretorio d’Oriente Giovanni di Cappadocia (533-541), furono attuate importanti riforme amministrative, volte a semplificare la struttura amministrativa dello stato e a porre fine ad alcuni abusi di potere.

Una legge di Giustiniano abolì la pratica dei suffragia, somme considerevoli di denaro che i nuovi governatori dovevano pagare allo stato nell’atto di ricevere la carica; i suffragia erano fonte di abusi, in quanto spesso e volentieri i governatori, per recuperare il denaro speso, lo estorcevano irregolarmente alla popolazione loro suddita. Secondo la nuova legge i nuovi governatori dovevano giurare di non aver ottenuto la carica pagando suffragia, e i governatori che durante il loro mandato contravvenivano alla legge ricevendo “tangenti” erano punibili con l’esilio, la confisca dei beni o con pene corporali.

Istituì la carica di Quaesitor, per tenere sotto controllo l’immigrazione. Nel Tardo Impero si tendeva a disincentivare, per motivazioni dovute al sistema fiscale stesso, l’immigrazione dei provinciali: in linea di principio, salvo valide motivazioni, le persone nate in un dato territorio avrebbero dovuto rimanere lì per tutta la vita. Il quaesitor doveva indagare sui motivi per cui nuova gente arrivava a Costantinopoli, e, se la motivazione era valida, doveva assisterli a sbrigare le loro vicende e rispedirli a casa una volta sbrigato tutto. Se le motivazioni non fossero state valide i nuovi arrivati sarebbero stati immediatamente espulsi dalla capitale. Il quaesitor provvedeva inoltre a trovare un impiego ai disoccupati idonei al lavoro ed espelleva dalla città quelli che si rifiutavano di lavorare.

Giustiniano, inoltre, incrementò i poteri del defensor civitatis, e abolì la carica di prefetto dei vigili il cui posto fu preso da una nuova carica, quella di prefetto dei demi, che si occupava soprattutto di combattere il crimine.

LA RIFORMA PROVINCIALE

Nel 535-536 Giustiniano tentò inoltre di riformare il sistema provinciale semplificandolo. Diocleziano aveva suddiviso l’Impero in prefetture del pretorio, diocesi e province, e aveva separato autorità civile e militare. Giustiniano decise di abolire nella prefettura d’Oriente il livello intermedio delle diocesi, ritenute un’inutile complicazione burocratica, e di accentrare in alcune province (quelle che lo richiedevano per la loro situazione interna) autorità civile e militare nelle mani di una sola persona, anche per porre fine agli eventuali conflitti tra le due autorità che avrebbero potuto provocare problemi.

Abolendo le diocesi, Giustiniano tentò di semplificare la burocrazia e allo stesso tempo risparmiare sul bilancio dello stato, prendendo atto che i vicarii erano diventati ormai superflui, dato che le loro corti di appello erano usate sempre meno frequentemente e che i governatori provinciali potevano essere controllati direttamente dal prefetto del pretorio mediante i cosiddetti tractatores.

Tra il 535 e il 536 furono dunque abolite le diocesi di Oriente, Asia, Ponto, Tracia, delle Lunghe Mura ed Egitto, i cui vicarii furono per lo più degradati a semplici governatori provinciali. Per esempio il comes Orientis (il vicario dell’Oriente) divenne il governatore della Syria I, mentre i vicarii delle diocesi di Asia e Ponto divennero, con il titolo di Comes Iustinianus e con poteri sia civili che militari, governatori rispettivamente delle province di Frigia Pacatiana e di Galazia I. Nel maggio 535 Giustiniano abolì i due vicariati di Tracia e delle Lunghe Mura, giustificandolo con la motivazione di migliorare la difesa delle Lunghe Mura ponendo fine ai continui conflitti tra i due vicari, e affidò l’amministrazione della diocesi di Tracia a un praetor Iustinianus con poteri sia civili che militari. L’anno successivo, al fine di migliorare l’efficienza dell’approvvigionamento delle truppe poste a difesa della Tracia, fu istituita una nuova prefettura, la prefettura delle Isole, sotto il governo di un quaestor exercitus avente sede a Odesso: essa comprendeva le province di Mesia II, Scizia, Insulae (le Cicladi), Caria e Cipro. Nel 539 Giustiniano abolì anche la diocesi di Egitto, suddividendola in cinque circoscrizioni (gruppi di province) indipendenti tra loro, governate da duces con autorità sia civile che militare e dipendenti direttamente dal prefetto del pretorio d’Oriente: l’autorità dell’ex vicario d’Egitto (il cosiddetto prefetto augusteo, ribattezzato con la riforma giustinianea dux augustalis) venne così ristretta alle sole due province di Aegyptus I ed Aegyptus II, anche se in compenso fu dotato di poteri sia civili che militari.

Alcune delle decisioni di Giustiniano furono successivamente riviste. Infatti nel 548 Giustiniano decise di ripristinare la diocesi del Ponto per gravi problemi interni, dotando il vicario del Ponto di poteri anche militari per poter contrastare più efficacemente i briganti che infestavano la regione. Sempre in quegli anni, al fine di tutelare l’ordine interno su cinque province della diocesi d’Asia infestate dai briganti (Licaonia, Pisidia, Lidia e le due Frigie), esse furono poste sotto la giurisdizione di uno biocolytes (“preventore della violenza”). Nel 553 la giurisdizione di tale funzionario fu ridotta alle sole Licaonia e Lidia, dato che le altre tre province erano state ormai pacificate. Inoltre la Novella 157 del 542, indirizzata al Comes Orientis, riguarda Osroene e Mesopotamia, suggerendo che a quell’epoca la giurisdizione del Comes Orientis fosse stata estesa almeno sulla parte settentrionale della diocesi d’Oriente. Inoltre, a giudicare dal fatto che un vicario di Tracia è nuovamente attestato nel 576, anche la diocesi di Tracia fu successivamente ripristinata.

POLITICA FINANZIARIA

Giustiniano fu criticato dagli oppositori per aver condotto una politica finanziaria opprimente. In realtà gli abusi denunciati non erano attribuibili direttamente all’imperatore ma ai suoi funzionari e si trattava inoltre di eredità del passato, cioè di abusi che avvenivano anche sotto i suoi predecessori. Ad esempio non era certo una novità che i provinciali fossero costretti al gravoso onere di approvvigionare l’esercito di passaggio per la loro provincia (questo onere prendeva il nome di coemptio), e anzi Giustiniano con una legge del 545 tentò di tutelare gli interessi dei provinciali rendendolo meno gravoso. Tuttavia Giustiniano si mostrò meno disposto dei suoi successori di concedere l’esenzione dalle tasse per quelle particolari province devastate da calamità naturali o da invasioni nemiche, facendolo solo in casi davvero gravi.

Giustiniano fu criticato anche per le sue politiche di risparmio. Pagava irregolarmente e con molto ritardo le truppe di frontiera (limitanei) sulla frontiera orientale, e dopo il 545 esse furono definitivamente congedate, portando a un indebolimento del sistema di difesa. Fece dei tagli sulle spie, indebolendo l’efficacia del servizio segreto, al contrario del re persiano Cosroe che investì sulle spie. Nel 541 Giustiniano, per risparmiare, abolì il consolato, provvedimento che potrebbe essere considerato corretto, dato che la carica di console era diventata ormai inutile e la sua entrata in carica, con conseguente cerimonia fastosa, comportava spese inutili per lo stato.

Giustiniano fu anche accusato dai suoi oppositori di aver espanso i possedimenti imperiali con mezzi illeciti o abusando del proprio potere, anche se non vi è evidenza certa di ciò. Anzi Giustiniano restituì ai senatori coinvolti nella rivolta di Nika parte dei beni a loro confiscati, a riprova che l’imperatore sapeva mostrarsi anche magnanimo. Secondo Procopio Giustiniano avrebbe introdotto una tassa sull’aria, forse sugli edifici alti, ma di questa legge non si trova traccia nella legislazione imperiale.

L’epidemia di peste che flagellò l’Impero a partire dal 542 provocò un drastico declino dell’economia, situazione a cui Giustiniano non seppe porre rimedio. Dopo il 548 Giustiniano si dedicò sempre più intensamente a questioni teologiche trascurando l’economia e di conseguenza l’efficienza dell’amministrazione statale peggiorò. Alla sua morte la situazione economica dell’Impero era drasticamente critica, anche se probabilmente ciò era dovuto più ai gravi danni cagionati dalla peste che non alla politica economica di Giustiniano.