L’istituzione dell’esarcato

L’ISTITUZIONE DELL’ESARCATO
Sotto il regno dell’Imperatore Maurizio (582-602) si tentò di porre un freno all’espansionismo dei Longobardi, riorganizzando istituzionalmente e militarmente l’Italia imperiale. Non si sa con precisione quando ciò avvenne esattamente, ma nel 584 in una lettera di Papa Pelagio II si ha una prima menzione di una nuova carica, quella di esarca.

L’esarca era il nuovo governatore supremo dell’Italia, capo dell’esercito ma anche dell’amministrazione civile. La carica di prefetto del pretorio continuò comunque a sopravvivere fino ad intorno la metà del VII secolo, anche se subordinata all’esarca (cfr. G. Ravegnani, I Bizantini in Italia, Il Mulino, Bologna, 2004, p. 81). L’Italia fu parimenti divisa in vari distretti regionali (Liguria, Venezia, Perugia, Esarcato, Pentapoli, Ducato romano, Napoli, Calabria e Puglia), governati da generali con carica di dux o magister militum con autorità sia civile che militare, anche se ciò non comportò immediatamente la soppressione delle cariche civili, che fino alla metà del VII secolo continueranno a svolgere le proprie funzioni civili. Le difesa delle città venne invece affidata a tribuni e comites, i comandanti delle milizie cittadine (cfr. Ravegnani 2004, ibidem, p. 83). Gli eserciti erano costituiti prevalentemente da soldati locali, oltre che da truppe provenienti dall’oriente. I reggimenti (numeri) erano stanziati nelle città, e se alcuni provenivano dall’Oriente (Persoiustiniani, Cadisiani), altri furono costituiti in Italia, come ad esempio Tarvisiani, Veronenses, Mediolanenses (cfr. Ravegnani 2004, ibidem, pp. 83-84). L’Italia era diventata un’unica terra di frontiera, difesa dai soldati dell’esercito imperiale.

All’epoca del regno di Maurizio, l’esarca governava su: Liguria, Isola Comacina in Lombardia (caduta in mano longobarda intorno al 588), parte della Toscana, l’Istria e le zone costiere della Venezia oltre a Oderzo, Padova e Monselice, parte dell’Emilia (i confini con il regno longobardo qui erano delimitati dall’Adige, il Tartaro e il ramo principale del Po fino alla confluenza con il Tartaro), la Pentapoli e ducato di Perugia (Marche e Umbria), Lazio (ducato romano), Napoli e coste della Campania fino a Salerno, Puglia e Calabria (cfr. Ravegnani 2004, ibidem, pp. 84-85).

Gli esarchi furono forse 24, purtroppo non si sa con precisione quanti furono a causa della penuria di fonti e due di essi (Anastasio e Stefano) sono noti unicamente tramite sigilli, quindi si ignora la data del loro mandato (cfr. Ravegnani 2004, ibidem, p. 82).

RIFORMA O EVOLUZIONE GRADUALE?

L’esarcato non fu, a quanto pare, il risultato di un improvvisa riforma, ma piuttosto di un processo graduale di trasformazione, risultato della necessità di difendere in maniera più efficace il territorio residuo dai Longobardi. Fino al XIX secolo, la maggioranza degli studiosi riteneva ancora valida la teoria dell’erudito Flavio Biondo secondo cui l’esarcato sarebbe nato nel 568, con l’arrivo in Italia di Longino, considerato a torto da questi studiosi il primo esarca; sostenevano tali eruditi, fu Longino a suddividere l’Italia in ducati. A un analisi più attenta delle fonti, tuttavia, tali teorie sono risultate errate: Longino, infatti, è sempre chiamato dalle fonti dell’epoca o di poco posteriori come “praefectus”, quindi “prefetto del pretorio d’Italia”, ma mai esarca; era quindi essenzialmente un funzionario civile, sebbene non si possa escludere che gli sia stato affidato anche il controllo degli eserciti. Nel 568, inoltre, l’invasione longobarda era appena iniziata, e non avrebbe avuto senso riorganizzare immediatamente le difese con la riforma dell’esarcato, quando tutta l’Italia, tranne le prime città delle Venezie che cominciavano a cadere nelle mani di Alboino, era ancora saldamente in mano bizantina. Solo verso la fine degli anni 570, con i due terzi dell’Italia finiti in mano longobarda, si rese necessario militarizzare i territori residui allo scopo di migliorarne le difese, creando quindi la carica di esarca e dando maggiore autorità ai duces e ai magisteri militum rispetto alle autorità civili provinciali (iudices provinciae).

Un primo riordinamento dell’Italia bizantina conseguente all’invasione longobarda potrebbe essere stata, secondo almeno alcuni studiosi, la presunta suddivisione dell’Italia in cinque eparchie attestata nella Descriptio orbi romani di Giorgio Ciprio, redatta intorno al 610. Secondo l’opera di Giorgio Ciprio, l’Italia in un epoca non ben precisata era suddivisa in cinque eparchie: Urbicaria, Annonaria, Emilia, Campania e Calabria. Secondo alcuni studiosi sarebbe stato l’Imperatore Tiberio II intorno al 580 a riorganizzare i residui territori in mano bizantina nelle cinque eparchie attestate da Giorgio Ciprio: secondo il Bavant, tale presunta riforma era motivata dalla necessità di “adattare la suddivisione amministrativa dell’Italia alle necessità politiche e militari del momento”; secondo il Bavant, “la nuova suddivisione provinciale prendeva atto delle conquiste effettuate dai Longobardi verso il 580, ed estendeva all’intera penisola il sistema dei tratti frontalieri”, prefigurando così “la creazione dell’esarcato d’Italia” (cfr. Bavant, ibidem, p. 50). Altri studiosi, come Cosentino, hanno però contestato l’attendibilità della sezione relativa all’Italia dell’opera di Giorgio Ciprio, notando che essa risulta in contraddizione con le fonti coeve italiche e le epigrafi; peraltro l’armeno Giorgio Ciprio era verosimilmente poco informato sulla distante (per lui) Italia e potrebbe aver preso o dedotto la suddivisione dell’Italia in cinque eparchie da fonti disorganiche non direttamente provenienti dalla cancelleria imperiale (cfr. Cosentino, Storia dell’Italia bizantina (VI-XI secolo): da Giustiniano ai Normanni, Bologna, 2008, p. 21).

L’esarcato nacque nel 584 o forse poco prima; proprio nel 584 un epistola di Papa Pelagio II cita per la prima volta un esarca a Ravenna; tale epistola, indirizzata al futuro Papa Gregorio Magno, allora apocrisario a Costantinopoli, chiede aiuti a Costantinopoli contro i Longobardi, perché l’esarca riusciva a malapena con le poche truppe che aveva a difendere Ravenna, figurarsi provvedere alla difesa di Roma! L’esarca in questione era forse il patrizio Decio menzionato nella medesima lettera, ma questa identificazione non è certa, e forse Decio era solo un membro del senato romano inviato in ambasceria presso l’esarca; è possibile altresì che fosse in carica già all’epoca l’esarca Smaragdo, attestato per la prima volta nelle fonti come esarca nell’anno 585. Purtroppo l’esiguità e la laconicità delle fonti dell’epoca non permette di stabilire con esattezza la data di nascita dell’esarcato e quale fu il primo esarca.

In passato si è ritenuta l’istituzione dell’esarcato una precisa riforma voluta dall’Imperatore Maurizio: secondo l’Ostrogorsky, per esempio, per merito dell’Imperatore “l’amministrazione sia militare che politica fu affidata agli esarchi”, inaugurando “il periodo della militarizzazione dell’amministrazione bizantina” e precorrendo “il sistema dei temi” (cfr. Ostrogorsky, Storia dell’Impero bizantino, Torino, 1968, p. 69). Più recentemente si è contestata questa interpretazione, rilevando che la presunta riforma consistette semplicemente nel cambio di denominazione della massima autorità militare (il cosiddetto strategos autokrator) in esarca, e che le autorità civili (come prefetto del pretorio, vicarii e iudices provinciarum) non scomparvero immediatamente ma divennero soltanto subordinate alle autorità militari, “un fenomeno d’altronde già in atto durante l’epoca giustinianea e inevitabile conseguenza della preminenza delle necessità militari in una regione come l’Italia, soggetta a uno stato di guerra pressoché permanente” (cfr. G. Ravegnani, Gli esarchi d’Italia, Roma, 2011, pp. 37-38). Fu solo a metà VII secolo che le cariche civili scomparvero e si ebbe il definitivo accentramento dei poteri civili e militari da parte delle autorità militari. La “riforma” degli esarcati fu probabilmente il risultato di un’evoluzione graduale fatta di tanti piccoli cambiamenti non decisi dall’autorità centrale ma da quelle locali dovute alla necessità di dover difendere l’Italia dai Longobardi con conseguente progressivo aumento di importanza delle cariche militari che finirono con l’esautorare poco alla volta le loro controparti civili (e questo senza nessuna necessità di supporre una precisa e presunta riforma stabilita all’improvviso da Costantinopoli).